Un deciso cambio di rotta nella gestione del patrimonio degli enti previdenziali dei professionisti. È quanto prevede il nuovo decreto firmato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e dal Ministero del Lavoro, che disciplina in modo puntuale le strategie di investimento delle casse di previdenza, titolari di un patrimonio complessivo che a fine 2024 ha superato i 124 miliardi di euro.
Il principio guida della riforma è chiaro: gli investimenti dovranno essere orientati prioritariamente a sostenere lo sviluppo economico e produttivo del Paese. In particolare, viene indicata l’opportunità di privilegiare interventi nel settore infrastrutturale, energetico, ambientale e nella rigenerazione urbana.
Una strategia che si inserisce in un più ampio tentativo del governo, dei mercati e degli operatori finanziari di convogliare parte delle ingenti risorse delle casse nell’economia reale, sia attraverso partecipazioni in società quotate che in asset privati. Un indirizzo che riguarda enti di peso come Enpam (medici), Enasarco (agenti di commercio), Cassa Forense (avvocati), Inarcassa (architetti e ingegneri), che già oggi detengono quote rilevanti in colossi come Generali e operano attraverso gestori specializzati.
Il decreto, atteso da anni, rappresenta una cornice normativa unitaria in un settore finora privo di regole comuni, dove ogni cassa si muoveva secondo criteri propri. Le nuove regole definiscono modalità di gestione, criteri di investimento, obblighi di trasparenza, strumenti di controllo, politiche sulla gestione dei conflitti di interesse e incompatibilità.
Le casse potranno optare per una gestione diretta del patrimonio, purché dotate di strutture professionali adeguate, oppure affidarsi a soggetti esterni, selezionati attraverso gare, sulla base di convenzioni che dovranno includere linee guida coerenti con la strategia definita dal consiglio di amministrazione.
I principi fondamentali richiamano la “sana e prudente gestione”, la trasparenza, la protezione dell’interesse collettivo degli iscritti e la ricerca della migliore combinazione rischio-rendimento, con un’adeguata diversificazione del portafoglio e attenzione al contenimento dei costi.
Viene inoltre ribadita la preferenza per strumenti negoziati nei mercati regolamentati: ogni eventuale scelta diversa dovrà essere motivata in modo puntuale. Il documento sulla politica degli investimenti, che ogni ente sarà tenuto a redigere e pubblicare, dovrà essere aggiornato almeno ogni tre anni e includere l’asset allocation attesa e i relativi profili di rischio.
Tra le altre novità, l’obbligo di predisporre un prospetto annuale aggiornato a valori correnti e l’adozione di misure ragionevoli per prevenire e gestire eventuali conflitti di interesse, che potrebbero compromettere la tutela degli iscritti.
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