Redazione 15 Luglio 2025

Processo penale telematico: la Cassazione riafferma il diritto al deposito cartaceo in udienza

La digitalizzazione della giustizia penale avanza, ma il diritto alla difesa resta radicato anche nel cartaceo. Lo ha stabilito con chiarezza la Corte di Cassazione, sezione quinta penale, nella sentenza n. 24708 depositata il 4 luglio scorso, intervenendo su un caso che ha visto protagonista il Tribunale di Tivoli e ribadendo un principio che l’Unione Camere Penali Italiane (UCPI) e il suo Osservatorio sull’Informatizzazione del processo penale sostengono da mesi: in udienza il deposito analogico di atti e documenti resta pienamente legittimo.

Il caso nasce dal ricorso presentato dal difensore delle persone offese contro la decisione del Tribunale di Tivoli, che aveva escluso la costituzione di parte civile perché l’atto era stato depositato in modalità cartacea e non telematica. Una scelta definita dall’UCPI «tanto eccentrica da costringere la Cassazione a scomodare la categoria dell’abnormità», termine tecnico riservato ai provvedimenti che si pongono in modo talmente incongruo rispetto all’ordinamento da risultarne estranei.

Doppia censura e principio di diritto chiarito

La Suprema Corte ha dichiarato abnorme la decisione del tribunale per due motivi: innanzitutto per l’assenza totale di motivazione. Il collegio di Tivoli si era limitato a recepire l’eccezione difensiva dell’imputato senza spiegare le ragioni del diniego. Ma la censura più grave riguarda la palese erroneità giuridica della pronuncia: il tribunale aveva infatti ritenuto obbligatorio il deposito telematico anche per gli atti presentati direttamente in udienza, dimenticando che la riforma Cartabia non ha modificato le regole sulle attività di udienza, tra cui rientra a pieno titolo la costituzione di parte civile.

Come ricorda la Cassazione, infatti, «l’articolo 78 del codice di procedura penale consente ancora oggi che la costituzione di parte civile sia presentata in udienza». E lo stesso vale per le produzioni documentali e le nomine difensive, che possono essere depositate in forma cartacea durante il dibattimento o la camera di consiglio e successivamente acquisite al fascicolo telematico dalla cancelleria, come previsto dall’art. 111-ter c.p.p.

Un’interpretazione condivisa dall’avvocatura

Il principio affermato dalla Cassazione — che «il deposito di atti, memorie o documenti difensivi è sempre ammesso anche in forma cartacea nel corso delle udienze» — recepisce integralmente quanto l’Unione Camere Penali aveva evidenziato sin dall’entrata in vigore del DM 206/2024. “Una decisione fondamentale”, sottolinea l’Osservatorio Informatizzazione dell’UCPI, che da gennaio aveva più volte richiamato il rischio di letture distorte e frettolose della normativa sul processo penale telematico.

Anche il Dipartimento per l’innovazione tecnologica del Ministero della Giustizia, in una nota del 20 gennaio 2025, aveva chiarito che il nuovo art. 111-bis c.p.p. riguarda solo i depositi “da cancelleria” e non gli atti presentati direttamente in udienza, per i quali resta ferma la possibilità di produrli in forma analogica.

Stop alle interpretazioni pericolose

La sentenza della Cassazione, osserva l’UCPI, pone così un argine definitivo a quelle — per fortuna rare — interpretazioni “pericolose e eccentriche” che, negli ultimi mesi, avevano generato allarme tra gli avvocati penalisti, temendo un irrigidimento formale capace di compromettere i diritti difensivi.

“Una decisione (ana)logica”, titola significativamente il comunicato dell’Osservatorio informatizzazione del processo penale UCPI, che plaude al pronunciamento della Suprema Corte, vedendolo come un passaggio decisivo per garantire che la transizione digitale della giustizia penale italiana non avvenga a detrimento delle garanzie costituzionali e del principio di ragionevolezza.

“La tecnologia — conclude l’UCPI — deve essere uno strumento al servizio del processo e non un ostacolo alla sua equità e funzionalità.”


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