Redazione 14 Luglio 2025

Dazi al 30%: costo fino a 35 miliardi. A rischio è soprattutto il sud

I dazi doganali al 30 per cento voluti dall’Amministrazione Trump potrebbero innescare una serie di effetti diretti sulle nostre esportazioni, ma anche indiretti – come l’ulteriore apprezzamento dell’euro, un aumento dell’incertezza dei mercati finanziari e un incremento del costo di molte materie prime – in grado di provocare un danno economico al nostro sistema produttivo fino a 35 miliardi di euro all’anno. Praticamente una finanziaria. E a pagare il conto più salato potrebbero essere le regioni del Sud. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA.

Le più a rischio sono le regioni del sud

Concentrando l’attenzione solo sulle vendite di beni verso gli USA, i dazi generalizzati al 30 per cento imposti dal Presidente Trump potrebbero penalizzare, in particolare, le esportazioni del Mezzogiorno.  A differenza del resto del Paese, infatti, la quasi totalità delle regioni del Sud presenta una bassa diversificazione dei prodotti venduti nei mercati esteri. Pertanto, se dopo l’acciaio, l’alluminio e i loro derivati, gli autoveicoli e la componentistica auto gli USA – e, a catena, altri Paesi del mondo – decidessero di innalzare le barriere commerciali anche ad altri beni, gli effetti negativi per il nostro sistema produttivo potrebbero abbattersi maggiormente nei territori dove la dimensione economica dell’export è fortemente condizionata da pochi settori merceologici.

L’analisi realizzata dall’Ufficio studi della CGIA si fonda sulla misurazione dell’indice di diversificazione di prodotto dell’export per regione; parametro che pesa il valore economico delle esportazioni dei primi 10 gruppi merceologici sul totale regionale delle vendite all’estero. Laddove l’indice di diversificazione è meno elevato, tanto più l’export regionale è differenziato, risultando così meno sensibile a eventuali sconvolgimenti nel commercio internazionale. Diversamente, tanto più è elevata l’incidenza del valore dei primi 10 prodotti esportati sulle vendite all’estero complessive, quel territorio risulta essere più esposto alle potenziali congiunture negative del commercio internazionale.

Le più a rischio sono Sardegna, Molise e Sicilia

La regione che a livello nazionale presenta l’indice di diversificazione peggiore è la Sardegna (95,6 per cento), dove domina l’export dei prodotti derivanti della raffinazione del petrolio. Seguono il Molise (86,9 per cento) – caratterizzato da un peso particolarmente elevato della vendita dei prodotti chimici/materie plastiche e gomma, autoveicoli e prodotti da forno – e la Sicilia (85 per cento), che presenta una forte vocazione nella raffinazione dei prodotti petroliferi. Tra le realtà territoriali del Mezzogiorno, solo la Puglia presenta un livello di diversificazione elevato (49,8 per cento). Un dato che la colloca al terzo posto a livello nazionale tra le regioni potenzialmente meno a rischio da un’eventuale estensione dei dazi ad altri prodotti merceologici.

Le meno coinvolte parrebbero la Lombardia e il Nordest

Ad eccezione della Puglia, le aree geografiche che, invece, potrebbero subire degli effetti negativi più contenuti di quelli previsti in capo alle regioni del Mezzogiorno sono la Lombardia (con un indice del 43 per cento), il Veneto (46,8), la Puglia (49,8), il Trentino Alto Adige (51,1), l’Emilia Romagna (53,9) e il Piemonte (54,8).


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