Una giornata di fuoco quella andata in scena ieri a Palazzo Madama. Durante il dibattito sulla riforma costituzionale della separazione delle carriere, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha scelto la linea dura, intervenendo con un discorso che ha scosso non solo l’Aula del Senato ma l’intero mondo giudiziario.
Al centro delle sue parole, un attacco diretto al Consiglio Superiore della Magistratura, accusato di essere stato in passato teatro di un vero e proprio “mercimonio di cariche”, in particolare ai tempi della gestione Palamara. «Non possiamo fingere di credere che quel mercato delle poltrone fosse circoscritto a quattro persone. Se qualcuno pensa questo, allora potrebbe credere anche a un asinello che vola», ha affermato Nordio tra gli applausi della maggioranza.
Il caso Palamara e il “mercato delle nomine”
Il riferimento è alla vicenda giudiziaria e disciplinare che coinvolse Luca Palamara, ex membro del CSM, al centro di un’inchiesta che svelò manovre per la spartizione delle nomine ai vertici degli uffici giudiziari. Un episodio che lasciò un’ombra pesante sulla magistratura associata e istituzionale. Nordio ha denunciato come quella vicenda sia stata archiviata troppo in fretta, sacrificando pochi nomi mentre, a suo dire, il sistema di scambi e favoritismi sarebbe rimasto in buona parte occultato.
Scontro politico sulla riforma
L’intervento di Nordio è arrivato mentre in Senato procedeva a tappe forzate l’esame della riforma sulla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. Un provvedimento fortemente voluto dal governo, osteggiato invece dalle opposizioni, che hanno tentato di rallentarne l’approvazione con oltre 1300 emendamenti. La presidente d’Aula Licia Ronzulli ha fatto ricorso alla tecnica del “canguro” per sfoltirli rapidamente, suscitando l’indignazione del centrosinistra.
Francesco Boccia, capogruppo del PD, ha definito la riforma «un’imposizione senza precedenti, che toglie al Parlamento il diritto di incidere su un testo costituzionale». Nordio, tuttavia, ha scelto di rispondere più alla magistratura che ai banchi dell’opposizione.
“Magistratura muta, politica mutilata”
Nella sua replica, il Guardasigilli ha accusato i magistrati di aver assunto negli anni un ruolo politico improprio, denunciando «una mutilazione della politica per via giudiziaria» a partire dal 1993, con il ciclo di Tangentopoli e oltre. «È stato comodo eliminare l’avversario usando le inchieste», ha aggiunto, sostenendo che la riforma oggi in discussione mira a riequilibrare i poteri e restituire dignità alla politica attraverso l’introduzione del principio di sorteggio per i componenti del CSM.
La replica delle toghe
Pronta la risposta dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM). Il presidente Cesare Parodi ha definito le accuse «ingiuste e strumentali», ricordando come la magistratura abbia autonomamente scoperto e sanzionato il caso Palamara. «Se il ministro è davvero a conoscenza di altri episodi, ha il dovere di intervenire immediatamente con i suoi poteri disciplinari», ha dichiarato.
Anche il segretario dell’ANM Rocco Maruotti ha espresso forte preoccupazione per l’attacco istituzionale. «È allarmante pensare che l’umiliazione di un organo di rilievo costituzionale come il CSM possa essere vista come il modo per restituire dignità alla politica. Questo rischia di essere solo una rivalsa improduttiva».
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