Le pene previste dal Codice rosso per le lesioni permanenti al viso devono poter essere calibrate in base alla gravità effettiva dei fatti. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 83, depositata il 20 giugno 2025, dichiarando parzialmente illegittimo l’articolo 583-quinquies del codice penale per eccessiva rigidità sanzionatoria.
La norma in questione — introdotta dalla legge n. 69 del 2019, il cosiddetto “Codice rosso” — punisce con la reclusione da otto a quattordici anni chi causa deformazioni permanenti al volto. Secondo la Consulta, però, la disposizione non contempla la possibilità di ridurre la pena nei casi di lieve entità, violando così i principi di proporzionalità, individualizzazione della pena e funzione rieducativa sanciti dalla Costituzione.
I casi esaminati
La pronuncia trae origine da tre procedimenti penali aperti a Taranto, Bergamo e Catania per episodi di gravità molto diversa: da una cicatrice di pochi centimetri sotto la palpebra a un morso durante una festa, fino a una lesione mascellare aggravata dall’uso di armi. Nonostante le evidenti differenze, tutti rientravano nella medesima cornice edittale, senza margini per una valutazione attenuata.
Il principio affermato dalla Consulta
Richiamando la propria giurisprudenza sulla necessità di una “valvola di sicurezza” nelle previsioni sanzionatorie più severe, la Corte ha sottolineato come un minimo edittale elevato e un ventaglio ampio di condotte punibili impongano di riconoscere al giudice la possibilità di graduare la pena, specie quando il fatto è oggettivamente di scarsa entità o privo di dolo intenzionale.
La Consulta ha inoltre censurato il secondo comma dell’articolo, che disponeva l’automatica interdizione perpetua dai pubblici uffici per chiunque venisse condannato o patteggiasse per questo reato. Anche in questo caso, la Corte ha imposto che la pena accessoria sia applicabile a discrezione del giudice e comunque entro i limiti di durata fissati dalla legge.
Pur riconoscendo la ratio di tutela personale e sociale alla base della norma del Codice rosso, la Corte costituzionale ha ribadito che la severità delle pene deve sempre essere bilanciata da strumenti di flessibilità che permettano di tenere conto della concreta gravità del fatto e della personalità dell’imputato.
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