13 Maggio 2025 - Contratti

Fideiussioni bancarie: confermata la nullità delle clausole ABI

Ancora una pronuncia contro le fideiussioni bancarie standardizzate: la sentenza del Tribunale di Lecce ribadisce la nullità delle clausole tipiche dello schema ABI, rafforzando la tutela dei garanti e il rispetto della normativa antitrust.

Le fideiussioni bancarie “a fotocopia” continuano a essere bocciate nei Tribunali italiani. Con la sentenza n. 1432 del 6 maggio 2025, il Tribunale di Lecce ha dichiarato la nullità parziale di alcune clausole presenti in contratti di garanzia fideiussoria, confermando l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale che censura le condizioni contrattuali riprese dallo schema ABI del 2003, già sanzionato dalla Banca d’Italia per violazione della normativa antitrust.

Il caso: fideiussioni e clausole viziate

Protagonisti della vicenda, alcuni garanti che, opponendosi a una richiesta di pagamento avanzata dalla banca, hanno eccepito la nullità di specifiche clausole (le nn. 2, 6 e 8 dello schema ABI) contenute nel contratto fideiussorio. Clausole che, secondo i fideiussori, riproducevano pedissequamente quelle già ritenute contrarie alla libertà di concorrenza dalla Banca d’Italia con il provvedimento n. 55/2005. Il giudice ha dato loro ragione, accertando la nullità parziale dei contratti e dichiarando la banca decaduta dal diritto di agire in giudizio, non avendo rispettato i termini previsti dall’art. 1957 c.c.

Nullità di protezione estesa anche ai contratti “specifici”

Il Tribunale salentino ha ribadito che la nullità delle clausole oggetto di censura non riguarda soltanto le fideiussioni “omnibus” — riferite a obbligazioni future e indeterminate — ma si estende anche a quelle “specifiche”, stipulate per singole obbligazioni. La ragione? La violazione antitrust non risiede nel tipo di fideiussione, bensì nella diffusione di condizioni contrattuali standardizzate che limitano la concorrenza.

Il nodo dell’art. 1957 c.c. e la decadenza del creditore

Uno degli aspetti più rilevanti della pronuncia riguarda l’applicazione dell’art. 1957 c.c., che impone al creditore di agire giudizialmente contro il debitore principale entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione. Nel caso in esame, il Tribunale ha accertato che la banca aveva avviato l’azione monitoria solo nel 2023, mentre l’obbligazione era scaduta già nel 2019. Una comunicazione inviata nel 2018 e la pendenza di una procedura di sovraindebitamento sono state ritenute inidonee a interrompere il termine decadenziale.

La prova dell’intesa anticoncorrenziale

Non essendo in presenza di una fideiussione omnibus — e quindi formalmente esclusa dall’accertamento della Banca d’Italia — i garanti hanno dovuto fornire la prova dell’esistenza e persistenza dell’intesa illecita attraverso il deposito di modelli contrattuali utilizzati da più banche a livello nazionale, contenenti le medesime clausole contestate. Il Tribunale ha ritenuto sufficiente tale documentazione per dimostrare la continuità della pratica anticoncorrenziale.


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