L’intelligenza artificiale entra sempre più spesso nei luoghi di lavoro, ma non potrà mai agire da sola: ogni sua decisione dovrà essere supervisionata e validata da un essere umano. È questo uno dei capisaldi delle Linee Guida per l’implementazione dell’Intelligenza Artificiale nel mondo del lavoro, diffuse dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e ora in consultazione pubblica fino al 21 maggio 2025 sulla piattaforma PartecipaPa.
L’obiettivo del documento è chiaro: definire un perimetro etico e giuridico all’utilizzo dell’IA nei contesti aziendali, nel rispetto del Regolamento europeo sulla privacy (GDPR). Secondo le Linee guida, non è ammesso che algoritmi o sistemi automatizzati prendano decisioni critiche senza la validazione finale di una persona qualificata, in grado di comprenderne le implicazioni.
Per garantire questo principio, viene introdotta una figura centrale: il supervisore umano, che dovrà essere formalmente incaricato con un contratto di lavoro specifico. Questo contratto dovrà indicare in modo chiaro compiti, prerogative e tutele, dal momento che al supervisore spetta anche il potere – e la responsabilità – di smentire o interrompere il funzionamento del sistema di IA, arrivando persino a sospendere la produzione di beni o servizi.
Un ruolo tutt’altro che simbolico, che richiede una riorganizzazione interna delle aziende: il supervisore umano dovrà agire in piena autonomia, senza vincoli gerarchici né conflitti di interesse. Inoltre, non potrà coincidere con il responsabile della protezione dei dati (DPO), poiché entrambi i ruoli sono chiamati a operare in coordinamento, ma su piani distinti.
Le Linee guida chiariscono anche un altro aspetto essenziale: i lavoratori devono sempre essere informati su come e quando viene utilizzata l’intelligenza artificiale che li riguarda, così da poter esercitare il loro diritto alla contestazione in caso di valutazioni errate o discriminatorie.
Nel quadro tracciato dal Ministero, quindi, l’adozione dell’IA non può essere cieca né deresponsabilizzante. Serve trasparenza, serve controllo, ma soprattutto serve l’intervento consapevole e costante della componente umana, per fare in modo che la tecnologia sia uno strumento di supporto – e non un sostituto – del lavoro e della dignità delle persone.
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