La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza del 9 gennaio 2025 nella causa C-416/23, ha confermato l’importanza del diritto di proporre reclamo a un’autorità di controllo in materia di protezione dei dati personali. Il verdetto chiarisce che le autorità di controllo sono obbligate a esaminare i reclami presentati dai cittadini e a garantire che ogni richiesta venga trattata con la dovuta attenzione.
Il caso: un reclamo considerato “eccessivo”
La controversia nasce dalla vicenda di F.R., un cittadino austriaco che aveva presentato un reclamo all’Autorità per la protezione dei dati dell’Austria (DSB) dopo che una società non aveva risposto alla sua richiesta di accesso ai dati personali, come previsto dal Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR). Tuttavia, la DSB aveva rifiutato di esaminare il reclamo, ritenendolo eccessivo, poiché l’interessato aveva presentato ben 77 reclami simili nell’arco di 20 mesi.
Il ricorso di F.R. contro la decisione della DSB è stato accolto dal Tribunale amministrativo federale austriaco, che ha annullato il rigetto del reclamo, stabilendo che la sola quantità di richieste non è sufficiente a definirle “eccessive” se non vi è un intento abusivo da parte del reclamante.
Le questioni chiave affrontate dalla Corte UE
La Corte di Giustizia è stata chiamata a pronunciarsi su tre questioni fondamentali:
-
Il concetto di “richiesta”
La Corte ha stabilito che il termine “richiesta” include i reclami presentati ai sensi dell’articolo 77 del GDPR, ribadendo che il diritto di proporre reclamo è parte integrante della tutela dei dati personali. -
Quando un reclamo può essere considerato eccessivo
Non basta la ripetitività delle richieste per considerarle eccessive: l’autorità di controllo deve dimostrare un intento abusivo da parte del richiedente. Questo significa che un alto numero di reclami, anche se presentati in un breve arco temporale, non può giustificare automaticamente il rifiuto di esaminarli. -
La discrezionalità delle autorità di controllo
La sentenza chiarisce che le autorità possono scegliere, caso per caso, se imporre un contributo spese per richieste eccessive o se rifiutarsi di esaminarle. Tuttavia, questa decisione deve essere sempre motivata e proporzionata, per evitare di ostacolare il diritto fondamentale alla protezione dei dati.
Le implicazioni della sentenza
La pronuncia della Corte rafforza il diritto dei cittadini europei a ottenere risposte dalle autorità di controllo sulla protezione dei dati personali. La decisione impone un limite all’arbitrarietà delle autorità nel rigettare i reclami e garantisce una maggiore trasparenza nel trattamento delle richieste.
Questa sentenza rappresenta un ulteriore passo avanti nell’applicazione del GDPR, assicurando che il diritto alla protezione dei dati sia effettivamente tutelato in tutta l’Unione Europea.
Iscriviti al canale Telegram di Servicematica
Notizie, aggiornamenti ed interruzioni. Tutto in tempo reale.
LEGGI ANCHE

Data elezioni consigli giudiziari, Nordio smentisca Area Dg
«Costanti e proficue sono state le interlocuzioni con il presidente dell’ANM anche nella giornata di ieri, all’esito della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto-legge». Così…

Pagamento diritti copia: il chiarimento del Ministero della Giustizia e CNF
Roma 29 aprile 2024 – Chiarimento fra il Ministero della Giustizia e il Consiglio Nazionale Forense sul tema del pagamento in misura triplicata del diritto…

Riforma, Ordine Avvocati di Roma: “Nascosta la voce dell’avvocatura”
A parlare è il Presidente del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma, Paolo Nesta, con una dura presa di posizione che non risparmia critiche tanto a…