L’identità di genere del cliente non è un dato indispensabile per l’acquisto di un titolo di trasporto. È quanto stabilito dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea, che ha censurato la prassi dell’impresa ferroviaria francese Sncf Connect di richiedere obbligatoriamente l’indicazione dell’appellativo (“Signore” o “Signora”) durante l’acquisto online dei biglietti.
Il caso è stato sollevato dall’associazione Mousse, che ha contestato tale obbligo come una violazione del Regolamento generale sulla protezione dei dati (RGPD), in particolare per il principio di minimizzazione dei dati. Secondo l’associazione, l’appellativo, che riflette un’identità di genere, non è necessario per la finalità principale dell’acquisto di un titolo di trasporto ferroviario.
La questione è approdata al Consiglio di Stato francese, che ha sottoposto alla Corte di giustizia il quesito se tale raccolta di dati, limitata a “Signore” e “Signora”, sia lecita e conforme ai principi di proporzionalità e minimizzazione dei dati, soprattutto se giustificata dalla necessità di personalizzare la comunicazione commerciale secondo usi comunemente ammessi.
La Corte ha ribadito che, secondo il principio di minimizzazione dei dati, i dati raccolti devono essere adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto agli scopi del trattamento. In questo contesto, l’indicazione dell’appellativo non appare strettamente necessaria per la vendita di biglietti e dunque risulta in contrasto con il RGPD.
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