Come scrive su Il Riformista Luca Marafioti, professore ordinario di Procedura Penale, alla fine del secolo scorso, il grido d’allarme dei giudici di fronte all’insostenibile mole di ricorsi in Cassazione portò all’introduzione, nel 2001, di una procedura semplificata di selezione preliminare. Un filtro affidato ad una settima sezione appositamente istituita.
Negli anni, lo strumento dell’inammissibilità dei ricorsi è diventato sempre più frequente, assumendo il ruolo di baluardo a tutela delle funzioni della giurisdizione di legittimità.
L’obiettivo è duplice: ridurre il carico di lavoro della Corte e, al tempo stesso, elevare la qualità della giurisdizione. Meno cause in Cassazione, grazie all’inammissibilità, significherebbe una più esatta ed uniforme interpretazione della legge penale.
Tuttavia, questo approccio non è privo di criticità.
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Tra efficienza e rischi
L’ampio ricorso all’inammissibilità solleva dubbi circa i suoi effettivi benefici. Un primo problema riguarda la distinzione tra ricorsi inammissibili e quelli infondati. La linea di demarcazione può essere sfumata e portare a interpretazioni estensive o superficiali, con il rischio di escludere ingiustamente ricorsi meritevoli.
Inoltre, il sistema non limita la pronuncia di inammissibilità alla fase preliminare. La tagliola può scattare anche dopo la trattazione del ricorso e persino dopo la discussione in pubblica udienza, anche per ricorsi che non presentano i requisiti minimi per l’esclusione dal vaglio di legittimità.
Un paradosso giuridico?
Il paradosso sta nel fatto che il potenziamento dell’inammissibilità ha conferito alla Cassazione poteri ancora più ampi di quelli già notevoli in materia di controllo di legittimità. La Corte diventa, di fatto, giudice dell’estensione dei propri poteri e dell’area del ricorribile. Un compito che, secondo i critici, dovrebbe spettare esclusivamente alla legge.
L’utilizzo massiccio dell’inammissibilità dei ricorsi in Cassazione solleva interrogativi circa il suo reale impatto sull’efficienza e sulla qualità della giustizia. Il rischio di sacrificare le garanzie a favore di una rapida selezione dei casi desta preoccupazione. Occorre una riflessione attenta per trovare un equilibrio tra l’esigenza di snellire il lavoro della Corte e la tutela dei diritti dei cittadini.
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