La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 14543 del 24 maggio 2024, ha fatto chiarezza sulla responsabilità in materia di imposta di registro sugli atti giudiziari.
L’articolo 57, comma 1, del DPR 26 aprile 1986 n. 131 stabilisce che l’imposta di registro è dovuta dalle “parti in causa”. Secondo la Cassazione, questa norma include tutti coloro che hanno partecipato al giudizio e sono stati menzionati nella parte dispositiva della sentenza. In altre parole, l’imposta grava su tutti coloro che, a vario titolo, vedono la propria sfera giuridica coinvolta dagli effetti della decisione.
Lo scopo della norma è quello di rafforzare la posizione dell’Erario ai fini della riscossione delle imposte. Tuttavia, ogni parte ha il diritto di rivalersi nei confronti di chi è effettivamente tenuto al pagamento.
La Cassazione ha inoltre ribadito la natura solidale della responsabilità tributaria per il pagamento dell’imposta. In concreto, ciò significa che, in caso di pluralità di parti, l’Erario può richiedere il pagamento dell’intera somma a ciascuna di esse. Le parti, a loro volta, possono poi rivalersi tra loro in base a quanto stabilito dalla legge o dal contratto.
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La Suprema Corte ha precisato che la solidarietà opera anche in caso di litisconsorzio facoltativo, ossia quando la partecipazione al giudizio di più soggetti non è necessaria ai fini della tutela dei propri diritti. Tuttavia, la solidarietà non grava sui soggetti che non sono parti del rapporto sostanziale oggetto del giudizio. In tali ipotesi, l’imposta di registro è dovuta unicamente dalla parte o dalle parti che hanno effettivamente partecipato al suddetto rapporto.
Secondo la Cassazione, il presupposto della solidarietà non può essere individuato nella mera partecipazione al processo. È invece necessario verificare se il soggetto sia stato anche parte del rapporto sostanziale preso in considerazione nella sentenza.
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