L’incipit pungente
“Corrompere onestamente”: un ossimoro che cattura l’attenzione e disorienta il lettore. È con questa formula provocatoria che Piero Calamandrei, giurista e avvocato, apre il suo “Elogio dei giudici scritto da un avvocato”. Un paradosso che, al di là della sua natura ironica, racchiude una profonda verità sull’arte della persuasione in tribunale.
La lingua del diritto: ossimoro e monito
Calamandrei sceglie un ossimoro, figura retorica che accosta due termini antitetici, per sottolineare la complessità del linguaggio giuridico. Un linguaggio spesso considerato astruso e inaccessibile, composto da parole difficili e lontano dalla vita quotidiana. Ma l’ossimoro “corrompere onestamente” va oltre la semplice critica linguistica. Assume la valenza di un monito per gli avvocati, invitandoli a riflettere sull’importanza della chiarezza e della brevità nella loro oratoria.
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La brevità e la chiarezza: armi di persuasione
Secondo Calamandrei, infatti, la vera “corruzione” del giudice non avviene attraverso mezzi illeciti o pressioni indebite, ma attraverso la forza della retorica. E la retorica più efficace è quella che si avvale di un linguaggio semplice e conciso, capace di trasmettere concetti complessi in modo chiaro e inequivocabile.
L’elogio della persuasione onesta
L’ossimoro “corrompere onestamente” diventa quindi un invito all’uso responsabile del linguaggio da parte degli avvocati. Un linguaggio che non deve essere oscuro o artificioso, ma capace di illuminare la verità e di condurre il giudice a una decisione giusta.
L’eredità di Calamandrei
Le parole di Calamandrei risuonano ancora oggi con grande attualità. In un mondo in cui la comunicazione è spesso superficiale e frammentaria, l’arte della persuasione onesta assume un valore ancora più importante. E la lezione del giurista italiano ci ricorda che la vera eloquenza non risiede nelle parole vuote, ma nella capacità di argomentare con chiarezza, rigore e onestà.
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