Il procuratore del Tribunale di Napoli, Nicola Gratteri, durante un’audizione sull’efficienza del processo penale alla Commissione giustizia della Camera, ha dichiarato: «Se è vero che il ricorso alla giustizia riparativa è previsto in altri ordinamenti, in Italia è difficile da praticare».
«Abbiamo bisogno di strumenti normativi adeguati e proporzionati al territoio in cui andiamo ad operare», aggiunge.
Parlando della previsione della perseguibilità a querela di determinati reati, Gratteri dichiara: «Molto spesso si tratta di reati odiosi sia per le modalità che per la qualità delle persone offese, e sono reati spia di situazioni più gravi. Immaginiamo il reato di lesioni, il vicino che picchia il contadino, il mafiosetto che vessa… lasciare la parte offesa da sola, con questo peso? Non lo farei. Noi magistrati siamo pagati per rendere più vivibile il territorio».
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Inoltre, Gratteri si è soffermato sulla velocizzazione dei processi, in particolar modo sul telematico penale. Se il sistema informatico non risulta fatto bene, potrebbe «diventare pericoloso», e «ci stiamo preoccupando poco della sicurezza».
Per il magistrato riunire tutte le intercettazioni in un server unico «è pericoloso», poiché gli hacker potrebbero intromettersi.
Al fine di velocizzare le notifiche, Gratteri ripropone la necessità di estendere l’obbligo a tutti i cittadini della PEC, affinché le forze dell’ordine non risultino sovraccaricate.
Per quanto riguarda il civile, invece, Gratteri pensa che «la gente non fa più le cause perché è scoraggiata, il sistema è farraginoso», e spera che avvengano le riforme discusse e necessarie.
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