Antiquata e lenta, l’industria legale è la candidata principale per l’irruzione della tecnologia. Visti i recenti sviluppi dell’IA generativa, si attende un terremoto nel mondo legale, conservando comunque una bella dose di ottimismo.
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I recenti progressi registrati per quanto riguarda lo sviluppo dei sistemi di intelligenza artificiale sono stati osservati con sempre maggior preoccupazione, soprattutto da parte di chi si sforza di prevedere quali saranno gli impatti che tali soluzioni comporteranno nel mondo del lavoro.
Basti pensare a ChatGPT di OpenAI, che ha suscitato un sacco di reazioni, soprattutto molta apprensione per alcuni ambiti professionali. Sono tutte ansie perfettamente comprensibili. Tuttavia, è anche vero che gran parte delle preoccupazioni sollevate sin ad ora si fondano sulla paura dell’ignoto e del futuro.
Secondo un recente rapporto pubblicato da Goldman Sachs, società leader nell’investment banking, si prevede che i progressi in ambito di intelligenza artificiale possano causare l’automazione di circa 300 milioni di posti di lavoro.
Un buon candidato, ma non un ottimo avvocato
Nel settore giudiziario, caratterizzato da deficit strutturali ancestrali e dalla necessità di gestire grandi risme di documenti complessi, una tecnologia che comprende e riassume in maniera rapida i testi potrebbe rivelarsi decisamente utile.
Ebbene, i recenti progressi nel campo dell’intelligenza artificiale sembrano confermare quanto questa tecnologia sia fatta su misura per il mondo legale. L’ultima versione di ChatGPT ha infatti superato il test standard americano per l’abilitazione professionale, l’Universal Bar Exam.
Nonostante ciò, non vuol dire che l’intelligenza artificiale sia pronta per prendere il posto dell’avvocato.
Il modello è stato addestrato su migliaia di test pratici, e per questo è un candidato impressionante, ma non un ottimo avvocato. Inoltre, non ci sono dati trasparenti per quanto riguarda l’addestramento di ChatGPT, visto che OpenAI non ha mai rilasciato grandi informazioni in merito.
Addio alle attività ripetitive
Il sistema, dunque, non è ancora pronto per poter sostituire un avvocato, anche se è decisamente bravo nell’analisi dei testi.
Per Daniel Katz, professore di diritto che ha condotto l’esame di ChatGPT, «la lingua è la moneta nel regno dell’industria legale e nel campo del diritto. Ogni strada porta a un documento, che va letto, prodotto o in qualche modo consumato».
Si tratta di una considerazione vera, senza dubbio, visto che la professione forense è caratterizzata da tantissime attività ripetitive, e operazioni come la ricerca delle leggi, l’estrazione di prove pertinenti e lo studio di casi applicabili potrebbero essere operazioni automatizzate in maniera efficace.
Meno tirocinanti, più programmatori
Ma non siamo nel campo delle novità assolute: l’intelligenza artificiale, infatti, è già stata utilizzata per prevedere gli esiti di una procedura giudiziaria e per rivedere i contratti. Alcuni ricercatori, inoltre, hanno deciso di esplorare i sistemi che potrebbero rendere l’AI uno strumento capace di affiancare gli esperti nell’iter di approvazione di una legge.
Sembra comunque che sarà sempre più difficile specializzarsi, visto che il tipico lavoro svolto dal praticante lo faranno le macchine. Il valore di passare ore sui libri, probabilmente, andrà perduto. È un cammino già scritto: ci saranno meno tirocinanti, ma più programmatori che allenano i sistemi di machine learning.
Un piccolo sociopatico
Comunque, i limiti dell’IA sono ancora evidenti. ChatGPT produce delle argomentazioni molto convincenti, ma non sempre corrette. Il ricercatore Pablo Arrodondo racconta di come GPT l’abbia fatto dubitare di un caso su cui aveva lavorato.
«Ti sbagli», gli ha detto, «ho discusso io questo caso, so di cosa parliamo». ChatGPT gli risponde: «Puoi sederti lì e vantarti dei casi su cui hai lavorato, Pablo, ma ho ragione io ed eccoti la prova». Ma la prova fornita è un URL che portava ad una pagina inesistente.
«E’ un piccolo sociopatico», conclude Arrodondo.
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