Sospeso per due anni un avvocato amministratore di sostegno. L’avvocato, infatti, si fa autorizzare per conto dell’amministrata con malattia di Alzheimer l’acquisto di un box e di un appartamento per 320.000 euro, senza menzionare che fosse gravato di ipoteca per un prezzo totale di 518.000 euro. La nomina del curatore speciale, richiesta per un potenziale conflitto di interessi, è stata affidata ad un architetto, che è risultato essere il fratello del legale.
Questo è quanto stabilito dal CNF con la sentenza 527/2022, resa nota il 12 maggio 2023, dopo la condanna per tentato abuso d’ufficio. Visto che la responsabilità è stata accertata con sentenza definitiva, il CNF ha ritenuto che la sanzione della sospensione dell’esercizio della professione per due anni «sia commisurata alla gravità del fatto, al comportamento dell’incolpato, alla particolare intensità della compromissione dell’immagine della professione forense, tenuto anche conto del fatto che non vi è stato pregiudizio per la parte assistita e della vita professionale dell’incolpata fino al momento del fatto».
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Per il collegio, affinché sussista l’illecito disciplinare, è sufficiente che ci sia volontà nel comportamento dell’incolpato, e che dunque sia sufficiente la sita della condotta, intesa come consapevolezza dell’atto commesso, rapportando la volontà e la coscienza alla possibilità di esercitare sulla propria condotta un controllo, un dominio.
Basta «la semplice sussistenza di un interesse da parte del professionista, non solo contrapposto ma anche concorrente rispetto a quello della parte assistita, potenzialmente confliggente per determinare l’integrazione della fattispecie contestata, in quanto tale interesse potrebbe comunque interferire con lo svolgimento dell’incarico professionale e la cura degli interessi della parte assistita».
La stessa sentenza chiarisce anche che è ammesso il ricorso al Consiglio Nazionale Forense da parte del P.M. e dal Consiglio dell’Ordine in cui è iscritto l’avvocato. In questo specifico caso, il COA ha impugnato il provvedimento conclusivo del CDD, che era giunto al proscioglimento dell’incolpato per asserita prescrizione dell’azione disciplinare.
Per il CNF, competente come giudice di legittimità e di merito, una mancata adeguata motivazione non costituisce motivo di nullità della decisione del Consiglio, poiché il CNF, alla motivazione carente, può apportare le necessarie integrazioni.
Un’eventuale incompletezza, inadeguatezza o assenza della motivazione della decisione di primo grado, potrà trovare completamento in secondo grado nella motivazione della decisione, in relazione alle questioni sollevate in giudizio.
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