Lidia Poët il 9 agosto 1883 divenne la prima donna italiana ad essere ammessa all’esercizio dell’avvocatura, vincendo le numerose resistenze dei suoi colleghi maschi, incapaci di accettare una donna all’interno dell’Ordine degli avvocati.
Dopo 140 anni, Netflix ha deciso di celebrare la lotta della prima avvocata con una serie dal titolo La legge di Lidia Poët. La serie arriverà il 15 febbraio e vedrà come attrice protagonista Matilda De Angelis.
Il più grande ostacolo che Lidia Poët incontrò sulla sua strada fu il Regno d’Italia, ovvero il primo a volersi opporre alla sua volontà di diventare avvocata.
Le donne sono cittadini come gli uomini
Nata a Perrero, in provincia di Torino, nel 1855 da una famiglia benestante, Lidia Poët diventò prima maestra, e poi si diplomò al Liceo Beccaria di Mondovì nel 1877.
Decise di iscriversi alla facoltà di legge nel 1878 all’Università di Torino. Con una tesi sulla condizione femminile all’interno della società e sul diritto di voto per tutte le donne, superò l’esame di abilitazione alla professione forense con 45 punti su 50. Chiese, dunque, l’ammissione all’Ordine degli avvocati.
L’iscrizione venne accolta, ma soltanto dopo innumerevoli polemiche. Si dimisero indignati Desiderato Chiaves e Federico Spantigati, due membri importanti dell’ordine. Per la commissione giudicatrice, «a norma delle leggi civili italiane, le donne sono cittadini come gli uomini, e pertanto possono entrare nell’ordine degli avvocati».
«La donna non può esercitare l’avvocatura»
Ma l’iscrizione di Poët venne successivamente annullata dalla Corte d’Appello di Torino, a causa di un ricorso presentato dal procuratore generale del regno, che ordinò di cancellarla dall’albo. Poët non si arrese, e portò il caso alla Corte di Cassazione che confermò la sentenza in quanto «la donna non può esercitare l’avvocatura».
La decisione era figlia di due ragioni. La prima riguardava l’esclusione delle donne dagli uffici pubblici, cancellata nel 1919 grazie alla legge Sacchi. La seconda derivava dalle superstizioni dell’epoca, secondo la quale «nella razza umana, esistono diversità e disuguaglianze naturali tali per cui non si può chiedere al legislatore di rimuovere anche le differenze naturali insite nel genere umano».
Tali credenze sono state tradotte dalla Corte di Cassazione in giurisprudenza. Dunque, l’uso del genere maschile nelle leggi che andavano a regolare la professione forense era da intendersi riferito soltanto ai maschi, mai alle donne. Avvocata o avvocatessa erano termini che non venivano mai utilizzati.
Le «disuguaglianze naturali», secondo gli avvocati, avrebbero reso le donne non idonee all’esercizio della professione. Una motivazione non giuridica, dunque, ma frutto degli stereotipi di genere per i quali non era opportuno che le donne si ritrovassero «nello strepitio dei pubblici giudizi».
Le «fanciulle oneste» non avrebbero potuto discutere argomenti imbarazzanti. Se una donna voleva diventare avvocata, non avrebbe potuto per le sue caratteristiche “naturali” ma anche perché sarebbe diventata una “fanciulla disonesta“.
Iscriviti al canale Telegram di Servicematica
Notizie, aggiornamenti ed interruzioni. Tutto in tempo reale.
L’avvocata Poët, per gran parte della sua vita, non riuscì a vedere riconosciuto il suo diritto a far parte dell’Ordine degli avvocati. Tuttavia, ciò non le impedì di continuare ad agire per inseguire l’emancipazione e la libertà delle donne.
L’avvocata lavorò come componente della segreteria nei Congressi penitenziari internazionali, occupandosi dei diritti dei minori e dei detenuti. Affrontò il tema della riabilitazione e diventò delegata italiana di Congressi esteri.
Nel 1903 entrò nel Consiglio nazionale delle donne italiane, producendo dei documenti che richiedevano l’estensione dei diritti civili e del diritto di voto alle donne, ma anche di norme civili e giuridiche considerate troppo progressiste per l’epoca. Infatti, molte di queste sono entrate nell’ordinamento italiano nei decenni successivi (assistenza sociale per minori con genitori in carcere, abrogazione del lavoro minorile e divieto di alcolici ai minori).
Soltanto nel 1919, a 65 anni, Lidia Poët fu riconosciuta come avvocata, diventando la prima donna in Italia a far parte dell’Ordine degli avvocati.
——————————–
LEGGI ANCHE:
In Veneto un algoritmo per gestire le liste d’attesa: il Garante Privacy avvia un’istruttoria