È vero, l’inflazione sta mettendo a rischio la nostra economia. Ma se fosse lo smart working la risposta ai nostri problemi? Numerose ricerche e studi effettuati dopo la pandemia confermano il ruolo fondamentale dei nomadi digitali nel processo di ripresa economica del nostro Paese.
Maggior efficienza
Secondo i dati raccolti dalla Standford University, i professionisti che hanno continuato a lavorare a distanza dopo il primo lockdown hanno anche registrato una maggior efficienza rispetto a coloro che sono tornati in ufficio. Nell’estate del 2020, i lavoratori a distanza erano più produttivi del 5% rispetto a chi lavorava in ufficio.
Ma il dato più interessante riguarda la primavera 2022. Dopo due anni di emergenza sanitaria, dove le aziende hanno cominciato ad investire in nuove tecnologie e lo smart working si è diffuso a macchia d’olio, i lavoratori a distanza hanno incrementato la loro produttività del 9%.
Un modo per trattenere e attrarre talenti
Una nuova ricerca del National Bureau of Economic Research ha rilevato che l’incremento della produttività all’interno delle imprese che fanno affidamento sul lavoro da remoto è cresciuta velocemente rispetto ai settori dove questo non è avvenuto.
I dipendenti percepiscono il lavoro da casa come un vero e proprio vantaggio. A supporto di questa affermazione troviamo i dati raccolti dallo stesso Istituto di ricerca nei confronti delle richieste di aumento dello stipendio. Tra coloro a cui è stata data la possibilità di lavorare in smart working, la domanda di crescita salariale si è ridotta di circa il 2%.
Sono dati molto importanti, soprattutto in questo periodo di forte recessione. Le aziende, infatti, non possono assicurare stipendi competitivi, proprio a causa delle incertezze finanziare ed economiche. Tuttavia, per trattenere e/o attrarre talenti, l’offerta di una maggior flessibilità è senza dubbio la strategia migliore.
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Qual è la posizione dei tradizionalisti
I tradizionalisti, quelli contro il lavoro da casa, dicono che utilizzare eccessivamente lo smart working potrebbe compromettere le economie dei grandi centri. Chi ha la possibilità di lavorare nel luogo che preferisce, senza la necessità di timbrare il cartellino in azienda tutte le mattine, potrebbe ritornare nella sua città natale, lasciando le grandi metropoli che verrebbero, di conseguenza, private di forza lavoro e delle entrate di chi vive (e spende) in città.
Ma sempre più studi suggeriscono il contrario. Lo smart working potrebbe sconfiggere l’inflazione, il caro affitti e lo spopolamento.
È noto a tutti quanto l’inflazione stia colpendo la nostra economia. In generale, il costo della vita sta cominciando a diventare insostenibile per molti. Seguendo i principi base di economia aziendale, se un’azienda ha maggiori uscite ma la produzione non aumenta o diminuisce, potrebbe dover aumentare i prezzi per far fronte all’aumento dei costi.
Ma se un lavoratore è soddisfatto, aumenta anche la produttività. E questo andrebbe a fermare rincari su prodotti e servizi. Dunque, se il lavoratore è contento, l’economia ringrazia!
La rivitalizzazione delle aree spopolate in Italia
Nel caso in cui lavorare a distanza non dovesse più essere una condizione temporanea ma una possibilità pienamente consolidata, i lavoratori in smart working potrebbero influire sulla rivitalizzazione di aree spopolate in Italia.
Da anni, infatti, lo spopolamento rappresenta un’emergenza, forse sottovalutata, che sta mettendo a rischio diverse zone del nostro Paese. Secondo i dati ISTAT, negli ultimi dieci anni al Sud la popolazione è diminuita di 750mila abitanti.
Le aree interne sono le maggiori vittime di questa crisi demografica. Dopo secoli di sviluppo demografico di luoghi che dipendono soltanto dalla loro capacità di produzione, il fatto di non essere costretti a rimanere in una città soltanto per lavorare potrebbe rappresentare una vera e propria rivoluzione.
Nascono nuove opportunità e prospettive a favore delle aree che hanno subito spopolamenti. Le aree meridionali e quelle più interne hanno finalmente l’opportunità di dare forma ad un nuovo futuro, dove le economie locali investono di più nelle nuove tecnologie.
Teniamo sempre presente, però, che lo smart working richiede un cambiamento culturale (e investimenti).
Non possiamo tornare indietro
La città potrebbe trasformarsi in un’attrattiva che offre benefici, e non soltanto un posto dove la metà dello stipendio se ne va in affitti e utenze.
L’emergenza sanitaria ha accelerato i tempi e dato uno slancio alle nuove tecnologie. Ritornare al vecchio approccio al lavoro potrebbe essere una cosa illogica e controproduttiva. Si finirebbe per sprecare tutto il “buono” di questa crisi, rinunciando ad un’importante eredità.
Aziende e istituzioni dovrebbero sfruttare la necessità di trasformazione delle organizzazioni e delle normative. Una maggior flessibilità andrebbe a creare un maggior equilibrio tra vita privata e lavoro.
I vantaggi, da questa nuova prospettiva, sono tanti.
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