Cassazione accoglie il ricorso del garante alla luce della normativa sulla privacy
Recentemente, la Suprema Corte accoglie il ricorso del garante privacy e interviene con la Sentenza n. 9920/2022 in merito a un caso che tratta di consenso dei dati. In pratica, se al momento di stipula del contratto tra compagnia telefonica e cliente non viene dato il consenso a ricevere promozioni, tale decisione rimane. Dunque, l’invio di SMS per richiedere in un secondo momento il consenso al trattamento di dati personali per questioni commerciali è illecito.
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Inviare SMS per ricevere il consenso marketing è illecito per la compagnia telefonica, il caso
Insomma, accade che la compagnia telefonica Wind Tre invia due diverse tipologie di SMS ai clienti nuovi e a quelli vecchi. Ai primi si da il benvenuto, si invita loro a dare un occhio alle offerte e infine si incita a chiamare il loro numero per usufruire di tutti i servizi marketing. Invece, ai vecchi clienti si ricorda che non risulta ancora nel database il loro consenso ai contatti e si invita a rimediare chiamando il numero gratuito.
Dunque, messo il caso all’attenzione del Garante Privacy, quest’ultimo ricorre in Cassazione, contro la decisione del Tribunale di “svincolare” gli SMS. Infatti, il giudice di merito riteneva leciti gli SMS in quanto atti a chiedere il consenso – non contenevano già offerte di marketing. Tuttavia, si tratta di una conclusione in contrasto con le norme nazionali e sovranazionali: vediamo di seguito il perché.
Cassazione: nessuna tutela al diritto di privacy
Per la Cassazione non c’è alcun dubbio: le comunicazioni coi sistemi automatizzati (senza operatore) rientrano nelle comunicazioni commerciali illegittime. Questo è quanto si evince dal Dlgs 69/2012 sulla protezione dei dati personali e in base alla direttiva e-privacy. Tra l’altro, l’azione lede anche l’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo in quanto non tutela il diritto alla vita privata e familiare.
Poi, la Cassazione ricorda che il non dare consenso equivale al dissenso e così si legge nel testo della Sentenza:
“ove il consenso alle campagne di marketing non sia stato anteriormente prestato la condizione è nel senso di doversi ritenere che lo stesso sia stato semplicemente già negato al momento del contratto”.
Quindi, la compagnia telefonica non può recuperare tale consenso in un momento successivo “cosicché ogni successiva attività integrata da comunicazioni automatizzate volte a farne mutare il senso diventa essa stessa un’interferenza illegittima, poiché finalizzata a commercializzare il servizio aggiuntivo nonostante la mancanza del consenso esplicito”.
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