Secondo la Cassazione, i messaggi in chat possono originare condotte diffamanti o ingiuriose
Il punto è cercare di capire quando lo scambio di messaggi in chat configuri il reato di diffamazione e quando -invece- ingiuria. A spiegarlo è la Cassazione che, nella sentenza 44662/2021, delinea la differenza tra queste due condotte nel mondo virtuale. Nel farlo, gli Ermellini stabiliscono i princìpi ai quali il giudice del rinvio chiamato a decidere dopo l’annullamento della sentenza in appello dovrà attenersi.
Le offese in chat costituiscono ingiuria solo se la persona offesa è presente
Succede che Tizio pubblichi su una chat con la vittima e altri sulla bacheca di Facebook del M5S commenti volgari e offese. Poi, succede che in secondo grado venga confermata la condanna dell’imputato per diffamazione. Quindi, Tizio ricorre in Cassazione contro la decisione, sollevando i seguenti motivi:
- Le prove raccolte non sarebbero sufficienti a dimostrare la pubblicazione dei messaggi diffamatori da parte sua (anche da quanto emerso dalla perizia del consulente della difesa);
- La condotta non sarebbe diffamatoria ma ingiuriosa;
- L’attenuante della provocazione (art. 599 c.p.) non sarebbe stata riconosciuta nonostante egli avesse agito in preda ad uno stato d’ira provocato dalla persona offesa.
A questo punto, la Cassazione ritiene il ricorso fondato, soprattutto per il secondo motivo sollevato. Dunque, la sentenza impugnata viene annullata e si rinvia ad altra sezione della Corte di Appello competente per un nuovo esame. Comunque, in merito agli altri motivi sollevati: il primo è inammissibile perché i messaggi sono riferibili, il terzo infondato perché generico.
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Ora, vale la pena soffermarsi sul secondo motivo, quello ritenuto fondato perché trattasi di ingiuria e non di diffamazione. Per altro, la stessa Corte era già giunta ad una medesima conclusione anche nel caso precedente di un invio di e-mail a più destinatari, compreso il destinatario dell’offesa. E, in questo caso aveva anche precisato: “l’offesa diretta ad una persona presente costituisce sempre ingiuria, anche se sono presenti altre persone”.
Allora, “resta fermo il criterio discretivo della “presenza”, anche se “virtuale”, dell’offeso”. Nel caso in cui, invece, il destinatario delle offese non sia virtualmente presente alle offese, si tratta di diffamazione. Infine, nel caso della chat di fb, il primo compito del giudice del rinvio dovrà essere stabilire il concreto funzionamento della chat in questione. Lo scopo: scoprire se la persona offesa fosse o meno “presente” al momento dell’invio dei messaggi offensivi incriminati.
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