Il giudice che riceve la nota spese da parte di un avvocato per la liquidazione dell’attività svolta non può decidere di tagliare alcune voci, se non le ritiene adeguate, senza dare alcuna motivazione. Ciò significa che una nota spese è liquidabile anche se inattendibile.
Così indica la Cassazione con l’ordinanza n. 27896/2021.
UNA NOTA SPESE INATTENDIBILE
A seguito della conclusione di un procedimento, a un avvocato viene riconosciuta la liquidazione di un compenso che non è in linea con la nota spese presentata. La nota spese infatti presentava voci duplicate, dettaglio che ha portato sia il giudice di prima istanza che il giudice del Tribunale a riconoscere un compenso inferiore.
L’avvocato ricorre in Cassazione. Tra i motivi:
– la «regolamentazione delle spese del giudizio contenzioso» cui ha partecipato non può «in alcun modo vincolare la successiva liquidazione del compenso nella procedura azionata dall’avvocato verso il proprio cliente per la determinazione del corrispettivo per l’opera prestata in tale giudizio»;
– la riduzione della somma liquidata rispetto quella presentata non è stata accompagnata da un adeguata motivazione.
IL GIUDICE NON PUÒ ELIMINARE VOCI DALLA NOTA SPESE
La Cassazione respinge il primo motivo ma accoglie il secondo.
A tal proposito, nell’ordinanza ribadisce il seguente principio:
«quando è acquisita agli atti del processo una specifica nota delle spese il giudice non può limitarsi ad una globale determinazione dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato in misura inferiore a quelli esposti ma ha l’onere di dare adeguata motivazione dell’eliminazione e della riduzione di voci da lui operata, allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l’accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe, in relazione all’inderogabilità dei relativi minimi sancita dall’art. 24 della legge n. 794 del 1942».
Ciò significa che una nota spese inattendibile non solleva il giudice dal compito di determinare i diritti in base all’attività svolta dall’avvocato e alle tariffe applicabili. Soprattutto, non lo solleva dall’obbligo di motivare eventuali tagli.
Nel caso in questione, il decreto del giudice del Tribunale non indica quali siano le voci duplicate (quindi non dovute) nella nota spese, tant’è che vengono escluse dalla liquidazione voci che, secondo le tariffare in vigore, sono in realtà dovute.
La questione viene quindi rinviata al Tribunale in diversa composizione che procede a rideterminare i diritti dovuti all’avvocato.
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