Come sarebbe stato, questo lockdown, se non avessimo avuto Internet? Saremmo riusciti a portare avanti il nostro lavoro, a tenerci aggiornati sulla situazione, a mantenere le relazioni e come avremmo impiegato il tempo libero confinati tra le 4 mura di casa nostra?
Come avrebbero reagito alla crisi le aziende, il settore sanitario e la scuola senza potersi appoggiare alle nuove tecnologie?
Dunque, che il digitale sia diventato un elemento fondamentale della nostra vita è ormai chiaro. Ma le quarantena generata da COVID-19 ci ha anche mostrato che non tutti gli italiani godono allo stesso modo di questa opportunità e che una parte ne è esclusa in misura più o meno marcata.
E per evitare il perpetrarsi delle disuguaglianze c’è chi chiede il riconoscimento dell’accesso a internet in Costituzione.
Ma è proprio necessario inserire il diritto alla rete nella nostra carta fondamentale? O ci sono già dei riferimenti nei quali farlo rientrate?
INTERNET IN COSTITUZIONE
È passato circa un decennio da quando Stefano Rodotà proponeva un primo riconoscimento dell’accesso a Internet in Costituzione.
All’epoca la rete aveva già dimostrato il suo impatto sui diversi aspetti della vita dei cittadini, e Rodotà proponeva una modifica costituzionale che garantisse l’accesso a Internet per tutti, che incentivasse l’alfabetizzazione informatica e, in ultima analisi, favorisse l’inclusione sociale dei cittadini e i loro i rapporti interpersonali, lavorativi e anche con la PA.
La modifica non è mai stata conclusa ed è solo stata ripresa più e più volte.
Durante l’emergenza COVID-19 il Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte ha espresso nuovamente l’idea di rivedere la carta fondamentale per inserire l’accesso a Internet come “diritto costituzionalmente tutelato”, in relazione al principio di uguaglianza sostanziale espresso nell’art. 3, comma 2.
IN EUROPA
Tra i paesi europei, solo la Grecia ha inserito l’accesso a Internet in Costituzione, nel 2001.
La modifica costituzionale non ha portato grandi risultati dal punto di vista delle performance digitali calcolate in base agli indicatori del Report DESI (“The Digital Economy and Society Index”) della Commissione Europea.
I parametri sono: connettività, capitale umano, uso dei servizi internet, integrazione della tecnologia digitale, servizi pubblici digitali.
La Grecia occupa la terzultima posizione tra i 29 paesi considerati, ma ha fatto registrare miglioramenti più marcati rispetto la media europea nella digitalizzazione dei servizi pubblici grazie a un piano nazionale di digitalizzazione 2016-2021.
Anche gli utenti di internet sono aumentati, ma ma mancano ancora una cultura digitale diffusa e connessioni veloci.
Significa che inserire l’accesso a Internet in Costituzione è inutile? No. Ma ci devono essere piani e risorse per trasformare un diritto in una realtà.
ALTERNATIVE ALLA COSTITUZIONE
Lo scopo della Costituzione è tutelare i diritti fondamentali garantendo la costruzione di una realtà in cui essi possano essere esercitati.
Sancire il diritto di accesso a Internet in Costituzione senza poi avere le risorse per le infrastrutture necessarie a garantirlo è inutile.
La crisi sanitaria innescata dal coronavirus si sta trasformando in una crisi economica ed è difficile immaginare di riuscirci proprio ora.
In ogni caso, come suggerisce Angelo Alù, consigliere di Internet Society – Osservatorio Giovani e Internet, il diritto all’accesso a Internet potrebbe già rientrare:
– nelle disposizioni previste dagli articoli 2, 3 e 9 della Costituzione,
– nell’art. 1 della legge 9 gennaio 2004, n. 4 che afferma: “La Repubblica riconosce e tutela il diritto di ogni persona ad accedere a tutte le fonti di informazione e ai relativi servizi, ivi compresi quelli che si articolano attraverso gli strumenti informatici e telematici”,
– nel D.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’Amministrazione digitale – CAD), art. 3 sul diritto all’uso delle tecnologie e sulle iniziative di alfabetizzazione informatica per la diffusione della cultura digitale.
E poi ci sono la “Carta della cittadinanza digitale” e la “Dichiarazione dei Diritti in Internet” al cui art. 2 si legge che:
“1. L’accesso ad Internet è diritto fondamentale della persona e condizione per il suo pieno sviluppo individuale e sociale.
2. Ogni persona ha eguale diritto di accedere a Internet in condizioni di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e aggiornate che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale.
3. Il diritto fondamentale di accesso a Internet deve essere assicurato nei suoi presupposti sostanziali e non solo come possibilità di collegamento alla Rete.
4. L’accesso comprende la libertà di scelta per quanto riguarda dispositivi, sistemi operativi e applicazioni anche distribuite.
5. Le Istituzioni pubbliche garantiscono i necessari interventi per il superamento di ogni forma di divario digitale tra cui quelli determinati dal genere, dalle condizioni economiche oltre che da situazioni di vulnerabilità personale e disabilità”.
E voi cosa ne pensate? È necessario riconoscere l’accesso a internet in Costituzione, oppure i riferimenti già disponibili sono sufficienti?
In ogni caso, se l’esperienza del lockdown vi ha spinto a rivedere il vostro rapporto con Internet e le nuove tecnologie, vi invitiamo a scoprire i prodotti e i servizi informatici che abbiamo a disposizione per studi legali e aziende.
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