Perché gli avvocati indossano la toga nera?

Perché in Italia avvocati e magistrati indossano la toga nera? Perché lo dice la legge. Anzi, lo stabilisce un regio decreto, il n. 1683 del 1926, che recita:

Nelle pubbliche udienze delle corti e dei tribunali gli avvocati patrocinanti indossano le seguenti divise: toga di lana nera alla foggia di quella prescritta per i funzionari giudiziari, ma abbottonata sul davanti con maniche orlate di un gallone di velluto nero, rialzate e annodate sulle spalle con cordoni e nappine di seta nera; hanno il tocco di seta nera fregiato di un gallone di velluto nero, e il collare di tela batista.

I procuratori vestono toga di lana nera, abbottonata sul davanti, con maniche rialzate e annodate sulle spalle con cordoni di lana nera; hanno tocco di seta nera senza gallone, e collare di tela batista.

Firmato: Vittorio Emanuele III, per grazia di Dio e per volontà della nazione.

Un po’ di storia

La storia della toga nera, in realtà, sembra essere ancora più antica, risalente all’epoca romana. I cittadini maschi e liberi del tempo, ovvero i cittadini non schiavi, quelli che svolgevano alcune funzioni di rilevanza sociale, avevano un drappo sopra la tunica. Questo era annodato sopra la spalla sinistra e passato al di sotto dell’ascella: un simbolo di potere, visto che chi la indossava esercitava funzioni pubbliche di grande importanza.

La toga bianca, invece, era indossata da chi si candidava alle elezioni, mentre la toga orlata, di color porpora, era indossata da cavalieri, senatori e magistrati. Il bordo inferiore era largo per i senatori e stretto per i cavalieri, che successivamente formarono la classe dei finanzieri e dei commercianti.

La toga virilis indicava la maggiore età, mentre la toga purpurea veniva indossata solo dall’imperatore; la toga marrone o grigia, quella più scura, veniva indossata nelle giornate di lutto.

Nel corso del Medioevo, invece, la toga diventò quasi un’uniforme: era indossata da professori, medici, notai e avvocati. Nel corso del tempo, la maggior parte delle professioni ha abbandonato l’uso della toga, eccezion fatta per gli avvocati.

Gli avvocati, infatti, dovrebbero indossare la toga durante le udienze pubbliche dei tribunali e delle corti, ma anche di fronte ai consigli degli organi rappresentativi del mondo dell’avvocatura: la pena è una sanzione disciplinare.

Fu scelto il colore nero principalmente per una questione pratica, visto che le tele colorate non erano così semplici da reperire.

Cordoniera

Anche la cordoniera ha un preciso significato simbolico: quella color oro e nero è esclusiva di avvocati cassazionisti, tutti gli altri ne hanno una color nero e argento. Gli avvocati non possono indossare cordoniere color oro puro, in quanto riservate soltanto ai magistrati. I magistrati di prima nomina hanno una cordoniera color argento, mentre quella rossa è riservata per gli avvenimenti accademici.

Ma la toga, per gli avvocati, va oltre il mero obbligo di legge. Avvocato sommo è colui che riesce a parlare in udienza colla stessa semplicità e la stessa schiettezza con cui parlerebbe al giudice incontrato per via: colui che, quando veste la toga, riesce a dare al giudice l’impressione che può fidarsene come se fosse fuori udienza, disse Piero Calamandrei.

Parrucche

Nel Regno Unito, gli avvocati, dal 1660, devono indossare anche le parrucche: le impose re Carlo II, dopo il restauro della monarchia a seguito del taglio della testa a Carlo I. Le parrucche, allora, venivano utilizzate da diversi membri dell’alta società: quelle più costose erano fatte di capelli umani.

Oggi sono in crine di cavallo, sono state eliminate nei paesi del Commonwealth come Canada e Australia ma resistono in alcuni paesi dell’Africa, così come nel Regno Unito, nonostante siano in molti a combattere contro la tradizione, sostenendo che la parrucca dà l’idea di un’eccessiva distanza tra avvocati e cittadini comuni.


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Avvio della sperimentazione del PCT presso tutti gli Uffici dei Giudici di Pace

Avvio della sperimentazione del PCT presso tutti gli Uffici dei Giudici di Pace

È cominciata la sperimentazione del deposito telematico presso i Giudici di Pace. L’attività coinvolgerà giudici, avvocati e cancellieri, al fine di sperimentare l’intero flusso del deposito telematico per gli Uffici del Giudice di Pace.

Come da circolare ministeriale, la sperimentazione verrà svolta con doppio canale, ovvero telematico e cartaceo.

Gli avvocati sperimentatori potranno procedere con il deposito telematico ed il perfezionamento dello stesso con la produzione del deposito cartaceo entro i termini previsti dal procedimento.

All’atto dell’accettazione del deposito telematico la cancelleria dovrà scaricare l’evento di deposito sull’applicativo di registro, SIGP. In questo modo l’evento risulterà associato al deposito telematico che verrà prodotto anche in cartaceo dagli avvocati.

Nell’atto depositato telematicamente deve essere attestata in calce la conformità all’originale cartaceo nella segreteria della cancelleria di pertinenza.

I depositi dovranno poi essere trasmessi attraverso gestionali o redattori atti che utilizzano gli schemi atto (xsd), come Service1.

Arriva la patente digitale: che cos’è e come funziona

Entro la fine dell’anno la nostra patente sarà completamente digitale e accessibile attraverso l’app IO, grazie ad un QR Code che ne racchiude tutte le informazioni (il funzionamento è simile a quello del green pass).

Alessio Butti, sottosegretario all’innovazione, conferma che si seguirà questa strada, addirittura anticipando la misura già nel corso del 2023, continuando, dunque, il percorso tracciato dal precedente Governo. Nell’app IO ci saranno anche il certificato elettorale e la tessera sanitaria, anche se la rivoluzione vera e propria avverrà con la patente digitale.

La patente, infatti, è un documento onnipresente nelle vite degli italiani, sia per quanto riguarda l’abilitazione alla guida ma anche in veste di documento di identità, che viene spesso mostrato, per esempio, all’imbarco degli aerei.

La patente digitale diventerà la versione elettronica della nostra tradizionale patente di guida cartacea. Sarà accessibile con l’app IO, punto centralizzato di accesso ai servizi pubblici digitali, molto utilizzata durante l’emergenza Covid per richiedere i vari bonus messi a disposizione dal governo e per scaricare e utilizzare il green pass.

L’obiettivo della patente digitale è semplificare la gestione ma anche la presentazione della patente, rendendola un po’ più sicura, visto che si ridurranno i rischi di furto, smarrimento o di falsificazione. Per accedere all’app IO basterà autenticarsi con Spid o con Cie.

In ogni caso, la digitalizzazione del certificato di proprietà e della carta di circolazione è un passaggio già avvenuto con il nuovo DU, il documento unico di circolazione e di proprietà. La palla ora passa alla patente di guida.

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La patente digitale sarà più sicura e comoda rispetto alla versione classica cartacea, anche grazie al sistema di autenticazione con Spid o Cie.

Il QR Code consentirà alle autorità e alle forze dell’ordine di verificare in maniera rapida e certa se il documento e le informazioni contenute all’interno sono sicure, riducendo di molto il rischio di falsificazione.

Ma ci sono altri vantaggi, non meno importanti. Per esempio, la patente sarà dotata di aggiornamenti in tempo reale, affinché il titolare possa verificare quando vuole lo stato della patente, quanti punti gli sono rimasti ed eventuali scadenze. Tutto questo nella stessa app.

L’app IO, con delle notifiche push invierà delle notifiche al titolare della patente per informarlo che si sta avvicinando la scadenza del documento, e dunque, la necessità di rinnovarlo, ma anche se ci sono delle sanzioni amministrative e la scadenza del bollo auto.

Con la patente elettronica si potrà guidare in tutti gli stati membri UE. Infatti, il progetto fa parte dell’iniziativa europea che prevede un digital wallet comunitario, con elementi che vengono associati all’identità digitale dei cittadini.

In ogni caso, potremo comunque stampare i documenti ed utilizzarli in modo analogico. Una cosa molto utile nei casi delle persone che non hanno molta dimestichezza con il digitale.

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Secondo il governo la patente digitale ci sarà già da quest’anno, anche se non sono presenti termini formali a norma di legge. Dunque, sono possibili e prevedibili eventuali ritardi in merito.

Comunque, la strada per la digitalizzazione della patente è già stata tracciata, e l’app IO diverrà sempre di più un punto di riferimento per i cittadini italiani.

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Garante Privacy: vietata la conservazione dei messaggi

Niente accesso ai messaggi al fine di scoprire eventuali frodi telematiche e oblio per il contenuto degli sms.

Ad una società di servizi destinati alla messaggistica si vieta la conservazione integrale dei messaggi che vengono inviati dai clienti, poiché non ci sono ragioni che obbligano alla conservazione di tali dati.

Il contenuto dei messaggi, inoltre, non può nemmeno essere scansionato per intercettare eventuali frodi telematiche, spam, o phishing. Non esistono, infatti, obblighi rivolti ai fornitori di questi servizi di effettuare verifiche.

Il Garante della Privacy, osservando questi principi, ha proceduto a sanzionare una società di 80mila euro. L’ingiunzione in questione riguarda uno specifico fornitore di servizi di messaggistica, ma contiene prescrizioni che valgono per qualsiasi impresa.

In primo luogo, si parla del trattamento dei dati, al fine di evitare che utenti o clienti subiscano danni. Nello specifico, la società si è difesa sostenendo che, in mancanza di consenso, controllava e scansionava il contenuto degli sms, ma esclusivamente per intercettare illeciti.

Tuttavia, per il Garante, la società non ha alcun obbligo per quanto riguarda la prevenzione degli illeciti telematici, dato che non c’è alcuna base giuridica a sostenere il trattamento. Se un’impresa vorrà fare dei controlli antifrode, utilizzando dati personali in assenza di consenso, dovrà sottoscrivere un documento spiegando l’interesse specifico e perché risulta necessario l’utilizzo di tali dati.

Una generica finalità antifrode, senza un atto che documenta le scelte, non basta per evitare una sanzione.

Nell’ingiunzione viene trattata anche la conservazione del contenuto dei messaggi. Il Garante ricorda che non c’è alcuna norma di legge che impone di conservare i contenuti delle comunicazioni. Anzi: viene vietata espressamente, tranne nel caso in cui non ci sia un’autorizzazione e un consenso per questo servizio aggiunto.

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Dark Web: tutto quello che c’è da sapere sul lato oscuro del web

Dark Web: tutto quello che c’è da sapere sul lato oscuro del web

Il Dark Web è la parte nascosta del World Wide Web, alla quale non si può accedere con normale browser come Edge, Firefox e Chrome. Le pagine del dark web non sono indicizzate dai motori di ricerca tradizionali, come Google.

Per accedere al dark web, dunque, è necessario un browser particolare, come Tor.

Si sentono tante storie terribili sul dark web, che di solito è descritto come la parte più pericolosa di Internet, dove si vende droga oppure si reclutano sicari. Di certo, alcune cose terribili sono vere, ma in generale, il dark web non si presta soltanto ad attività criminali (spoiler: no, non ci sono sicari, ma semplici truffatori).

Nel dark web ci sono nerd informatici, trafficanti di droga, giornalisti che combattono la censura, truffatori o persone che vogliono comunicare con altri senza il controllo del governo (situazioni che si verificano in Paesi dove c’è molta censura, come Iran e Cina).

Surface, Deep, Dark

Prima di proseguire, facciamo un attimo chiarezza per quanto riguarda i termini tecnici.

Internet è una rete mondiale, e il web è uno strumento di comunicazione. Per poter comunicare, il web utilizza Internet. Il web viene suddiviso in:

  1. web di superficie, surface web: è la parte di Internet che utilizziamo tutti i giorni, alla quale accediamo con Chrome, Safari, Firefox, ecc;
  2. deep web: costituisce il 90/95% di Internet, e contiene informazioni specifiche, che non possiamo raggiungere attraverso i motori di ricerca. Di solito si tratta di pagine e database riservati ad un gruppo di persone che fanno parte di un’organizzazione. Per accedere al deep web, è necessario essere in possesso dell’URL, ovvero, l’indirizzo web esatto, e magari anche di una password;
  3. dark web: è la parte di Internet più difficile da raggiungere, in quanto accessibile soltanto con browser speciali. Nel dark web non ci sono regole, e gli URL sono composti da un mix casuale di numeri e lettere. Nessun sito termina in .org oppure .com, ma in .onion.

Il dark web è legale, così come il browser Tor. Quello che non è legale è come ci si comporta nel dark web; dunque, è sempre necessario attenersi alla legge.

Chi ha creato il Dark web?

No, non c’è nessuna storia di criminali che cercavano un modo per comunicare anonimamente.

Il dark web è stato sviluppato direttamente dal governo degli Stati Uniti. Infatti, agenti di agenzie come la CIA avevano necessità di comunicare attraverso una rete globale personale, per raccogliere informazioni per il governo americano.

Negli anni’90 le informazioni hanno cominciato a diventare sempre più digitalizzate, e quindi si è cominciato a dire addio a radio o lettere, dato che tutte queste informazioni potevano essere inviate tramite Internet!

Ed è così che nel ’95 è nato Tor, The Onion Router, sviluppato dal Laboratorio di Ricerca Navale degli Stati Uniti, attualmente ancora utilizzato per le comunicazioni segrete dell’Intelligence.

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Il dark web può essere tanto vantaggioso quanto pericoloso.

Vista la sua utilità, il governo statunitense non ha intenzione di chiuderlo. Ma anche se volesse farlo, dovrebbe ottenere l’ok da parte di altre decine di paesi, che non hanno alcun interesse a collaborare con gli Stati Uniti.

Quello che le autorità possono fare, quindi, è cooperare al fine di chiudere determinati siti e perseguire legalmente i proprietari, gli amministratori e gli utenti.

The Onion Router

Tor, The Onion Router (router a cipolla), è un software gratuito, open-source, che funziona come qualsiasi altro browser.

Tuttavia, a differenza dei browser che utilizziamo ogni giorno, Tor mantiene l’anonimato dei suoi utenti. E per fare in modo che questo accada, i dati degli utenti vengono inizialmente canalizzati in una rete di server; poi, questi dati vengono “captati” dal primo server, che li invia a quello successivo, e così via, fino ad arrivare a destinazione e cancellando ogni traccia dietro di sè.

Con Tor si può accedere a tutto il web. Infatti, la maggior parte degli utenti resta nel surface web, poiché ha semplicemente interesse ad anonimizzare la sua navigazione online. Tuttavia, resta la strada principale per riuscire ad accedere al dark web, magari anche in associazione ad una VPN.

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Ricorso telematico: i problemi informatici danno diritto alla rimessione in termini?

Se un ricorso risulta tardivo in quanto depositato poco dopo la mezzanotte dell’ultimo giorno utile, per un problema di lentezza di caricamento del sistema, viene riconosciuta la sussistenza dell’ipotesi della causa non imputabile e di errore fatale, con rimessione in termini.

Questo secondo quanto affermato, con l’ordinanza 6944 dell’8 marzo 2023 dalla Corte di Cassazione.

Bisogna ricordare che la remissione in termini è possibile soltanto a condizione che il ritardo dell’impugnazione sia causato da un fatto incolpevole ed oggettivo, senza rilevare difetti di comunicazione o ulteriori motivazioni che non hanno un reale fondamento.

Interviene sul punto anche l’ordinanza 9945/2020 della Corte di Cassazione, con la quale si stabilisce che il soggetto, se deposita una richiesta di rimessione a causa di tardiva impugnazione, dovrà dimostrare che il ritardo in questione non poteva essere a lui imputabile.

In questo caso, il Tribunale di Napoli, con decreto dell’11 maggio 2021, aveva dichiarato l’inammissibilità della rimessione in termini, visto il ricorso messo in atto contro il provvedimento della Commissione territoriale, proposto oltre il termine dei 30 giorni, così come stabilito dal DL 25/2008, art. 35-bis.

Il ricorrente, contro la sentenza, ha adito la Corte di Cassazione, illustrando e proponendo tre motivi differenti di ricorso. In particolar modo, il ricorrente afferma che l’istanza di remissione depositata dal legale era meritevole di accoglimento, poiché i pochissimi minuti di ritardo nel deposito del ricorso erano completamente imputabili ad un problema di tipo informatico.

Con l’ordinanza 6944/2023, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, rinviando allo stesso tribunale per un nuovo esame per la decisione impugnata e per regolamentare le spese di giudizio di legittimità. Il Collegio ribadisce che il deposito telematico di un atto processuale, se soggetto ad un errore fatale non a carico del mittente, è riconducibile all’impossibilità del sistema di caricare l’atto all’interno del fascicolo telematico.

Il cancelliere, dunque, vedendosi impedita l’accettazione del deposito, non determinerà alcun effetto invalidante, poiché non è presente il pieno raggiungimento dello scopo (art. 156 c.p.c. comma 3).

E’ necessaria la dimostrazione della decadenza in quanto determinata da una causa non direttamente imputabile alla parte e cagionata da fattori estranei alla sua volontà. Dunque, si conclude che la tardività del deposito, in quanto causata da un problema di tipo informatico, renda ammissibile il ricorso per la rimessione in termini.

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Da oggi in vigore la Riforma Cartabia. Le preoccupazioni di giudici e avvocati

E’ arrivato il fatidico giorno: da oggi entra in vigore la riforma della Giustizia di Marta Cartabia. Tuttavia, magistrati e avvocati lanciano l’allarme. Aiga, Anf, Anm e Uncc «esprimono con forza tutta la loro preoccupazione nei confronti di un intervento normativo che difficilmente consentirà di raggiungere gli obiettivi prefissati di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del rito».

Al contrario, «lo stesso rischia di rivelarsi pregiudizievole per la tutela dei diritti dei cittadini e per la competitività delle imprese sul mercato. Al fine di ottenere i finanziamenti previsti dal Pnrr, l’Italia si è impegnata con l’UE a ridurre l’arretrato dei processi civili del 55-65% entro la fine del 2024 e del 90% entro la metà del 2026. Come già è stato più volte evidenziato, tali percentuali di riduzione sono irrealistiche ed irrealizzabili nei tempi indicati e a parità di risorse di mezzi e di personale di magistratura ed amministrativo».

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Da oggi, dunque, entrano in vigore le novità della riforma del processo civile. Troviamo tra queste la nuova procedura unificata per i giudizi civili, il procedimento semplificato di cognizione, ma anche l’abrogazione del rito Fornero in materia di licenziamenti. Tutte le modifiche entreranno in vigore mercoledì 1° marzo.

Ma avvocati e magistrati dicono a gran voce no alla riforma, chiedendo anche la costituzione di un “tavolo di confronto” permanente con l’Avvocatura, la Magistratura e la PA, «che permettano finalmente di varare interventi idonei a rispondere alle vere carenze del settore giustizia».

Leggiamo in una nota congiunta: «Siamo, purtroppo, alla decima modifica nel corso degli ultimi quindici anni, senza che nessuna di esse abbia apportato grandi effetti in termini di riduzione dell’arretrato. In realtà, la forte carenza dell’organico, sia dei magistrati che del personale amministrativo, nonché la sua irrazionale distribuzione sul territorio nazionale, l’inadeguatezza dei sistemi telematici soggetti a continue interruzioni, oltre all’ormai cronica fatiscenza delle strutture destinate all’edilizia giudiziaria, sono le vere ragioni della dilatazione dei tempi del processo civile»

Per tale ragione, soltanto investendo in questi settori si potrebbero ottenere gli obiettivi del PNRR. Modificare nuovamente il rito, scegliendo un modello non tanto diverso da quello che creò il processo societario, dimostra che il Legislatore, così come il Governo, non soltanto non sono riusciti ad individuare le cause del problema, ma che percorreranno una strada che si è già confermata inefficace.

Tutto questo avverrà «a danno di cittadini e imprese i quali, oltre a non veder tutelati i loro diritti in maniera soddisfacente, ne subiranno tutti gli effetti sociali ed economici negativi».

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La riforma Cartabia introduce delle novità che andranno ad implementare il Processo Civile Telematico, ma senza intervenire prima sugli applicativi informatici, che sono inadeguati rispetto alle tecnologie di oggi. Si rischia, dunque, di andare incontro ad un rallentamento del sistema, che si ripercuoterà su imprese e cittadini.

Anche l’Ufficio per il processo, per quanto possa essere una cosa utile, non consente di raggiungere gli obiettivi irrealistici poiché, oltre ai gravi vuoti di organico nel personale di cancelleria, siamo di fronte ad assunzioni con contratto a tempo determinato, che spinge i più giovani a dare le dimissioni nel tentativo di trovare dei lavori più stabili.

La durata dei giudizi, inoltre, non dipende solo dal numero delle udienze istruttorie che si svolgono durante una controversia giudiziale, ma dal rapporto d’equilibrio tra le risorse umane e il numero dei procedimenti in entrata. Senza questo equilibrio, qualsiasi riforma processuale, per quanto innovativa, è destinata al fallimento.

Aiga, Anf, Anm e Uncc, per queste ragioni, chiedono al Governo di dimostrare il coraggio per scongiurare una paralisi degli uffici giudiziari, adottando tutte le misure opportune, come la costituzione di un tavolo di confronto permanente con l’Avvocatura, la Magistratura e il Personale.

Inoltre, annunciano anche la costituzione di nuclei di monitoraggio, mirati all’individuazione di soluzioni congiunte che attenuino le criticità che emergeranno dopo l’entrata in vigore della Riforma Cartabia.

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Sali sulla nuvola: trasferisci tutto il tuo Studio in un Cloud!

Sentiamo spesso parlare di Cloud. Ma che cos’è, nello specifico, e che utilità potrebbe avere nella nostra realtà professionale quotidiana?

Nella nostra vita privata, probabilmente tutti stiamo utilizzando un Cloud. I servizi Google, Gmail, Facebook, WhatsApp e Netflix conservano tutte le informazioni che gli forniamo… in un Cloud!

Cloud, in inglese, significa “nuvola”. A livello pratico è un server (un computer ad elevate prestazioni), che archivia dati e servizi. Per esempio, lo Studio in Cloud di Servicematica è una delle formule più complete, che consente di avere sempre a portata di mano programmi, documenti e gestionali, che di solito vengono custoditi nel pc dell’ufficio.

Quello che serve per connettersi al cloud è un dispositivo (un pc o uno smartphone) e una connessione internet, ed il gioco è fatto!

Se lavori in smart working, oppure hai questioni urgenti da risolvere, con lo Studio in Cloud di Servicematica potrai farlo ovunque ti trovi. Magari anche disteso sul tuo bel divano, così ti occuperai di quella cosa che tanto ti tormenta per poi tornare a goderti, senza pensieri, il tuo bel film su Netflix.

(A proposito, hai già visto la nuova serie Netflix su Lidia Poët, la prima avvocata donna in Italia?)

Ci sono dei casi in cui si rivela necessario stampare un documento per un proprio collaboratore, che magari si trova in ufficio ma non può accedere a determinate informazioni. Oppure potresti aver necessità di inviare mail, apporre firme digitali o utilizzare Service1 per depositare dei documenti.

Che si fa in questi momenti? Semplice: si ricorre allo Studio in Cloud di Servicematica!

I Cloud non sono tutti uguali: la differenza sta nel Server al quale fanno riferimento.

Ci sono dei server che sono estremamente sicuri, capaci di proteggere i dati inseriti ancora meglio del top degli antivirus esistenti nel mercato.

Di solito, i servizi di archiviazione più utilizzati (che poi sono anche quelli più conosciuti) sono servizi come Google Drive, oppure Dropbox. Ma sappiamo bene che questi servizi non rispettano completamente le norme in materia di privacy.

Lo Studio in Cloud di Servicematica, invece, si basa su un insieme di Server di nostra proprietà, sicuri e affidabili.

***Attenzione, momento tecnicismo: i nostri server sono certificati ai massimi standard (Rating 4) secondo ANSI/TIA 942, conformi al GDPR (UE) n. 2016/679, e certificati ISO 27001 e AGID. Fine momento tecnicismo***

 

In sostanza, quello che ti permette di fare lo Studio in Cloud di Servicematica è trasferire tutto l’ufficio all’interno del cloud, consentendoti quindi di utilizzare qualsiasi contenuto, programma o documento, ovunque ti trovi.

Non serve nemmeno accendere il pc: basta il telefono. Tutto questo in completa sicurezza.

Sembra un affare, vero? Lo è! Dai, cosa aspetti a salire sulla nuvola? Visita il nostro shop, clicca qui sopra 🙂 

 

D’ora in poi i docenti avranno diritto ad un avvocato di Stato

Il personale scolastico che subirà aggressioni non dovrà più rivolgersi al proprio avvocato per tutelarsi, sia in sede civile che penale. Arriva, infatti, l’assistenza legale dell’Avvocatura di Stato per docenti e dirigenti che hanno subito violenza a scuola.

Questo è quanto accaduto recentemente ad una docente della scuola superiore di Rovigo, che era stata aggredita con fucile ad aria compressa da uno studente mentre alcuni riprendevano la scena per diffonderla sui social.

La difesa sostenuta direttamente dallo Stato è una misura annunciata da una circolare firmata da Giuseppe Valditara, ministro dell’istruzione e del merito.

«Il recente, allarmante aumento di episodi di violenza nei confronti degli insegnanti e del personale scolastico, posti in essere all’interno delle scuole, anche nel corso delle lezioni, rende necessario e urgente diramare le seguenti indicazioni», leggiamo nella nota che è stata inviata ai direttori e ai dirigenti scolastici.

Questi episodi «costituiscono atti illeciti intollerabili, suscettibili di provocare danni fisici e psicologici alle vittime, ledendo l’autorità e l’autorevolezza dei docenti e compromettendo seriamente la qualità dei servizi, con pregiudizio del fondamentale diritto allo studio».

Per tale motivo il ministero richiederà l’intervento diretto dell’Avvocatura generale dello Stato, con lo scopo di «assicurare la rappresentanza e la difesa del personale dello Stato ai sensi dell’articolo 44 del Regio Decreto n. 1611 del 1993».

I presidi saranno tenuti a segnalare i fatti illeciti e tutta la documentazione relativa all’ufficio scolastico regionale. Quest’ultimo provvederà ad inoltrare tutto al ministero, che deciderà il seguito nei confronti dell’Avvocatura.

Rino Di Meglio, coordinatore del sindacato Gilda degli insegnanti commenta: «La nostra priorità è riportare responsabilità, serenità e rispetto nelle scuole. I docenti sono in stato d’assedio. Se l’insegnante deve difendersi e intraprendere un percorso giudiziario, è costretto a sopportare delle spese anche ingenti. Siamo dipendenti dello Stato e svolgiamo una funzione di tipo costituzionale».

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Aggiornamento dei certificati di firma e cifratura di tutti gli uffici giudiziari

Nel corso degli ultimi giorni c’è stato un elevato numero di depositi telematici gestiti dal sistema come errori fatali della tipologia Errore imprevisto e non gestibili dalle cancellerie in quanto rifiutati.

Il problema riguarda tutti i software di deposito.

A tal proposito, si comunica che è in corso il rinnovo dei certificati di firma e cifratura di tutti gli uffici giudiziari in scadenza nel mese di febbraio, essendo mutata la Certification Authority.

Avvocati e utenti che utilizzano il PCT dovranno quindi eseguire l’aggiornamento di tali certificati.

N.B. Per gli utenti che utilizzano Service1 sarà sufficiente chiudere e riaprire il programma perché venga effettuato in automatico l’aggiornamento dei certificati.

I nuovi certificati sono stati pubblicati sul PST Giustizia, che potete trovare cliccando su questo link.

Per il download è disponibile anche il web service descritto nel par 5.2 “Catalogo degli Uffici Giudiziari” della documentazione servizi web, disponibile a questo link.

Servicematica

Nel corso degli anni SM - Servicematica ha ottenuto le certificazioni ISO 9001:2015 e ISO 27001:2013.
Inoltre è anche Responsabile della protezione dei dati (RDP - DPO) secondo l'art. 37 del Regolamento (UE) 2016/679. SM - Servicematica offre la conservazione digitale con certificazione AGID (Agenzia per l'Italia Digitale).

Iso 27017
Iso 27018
Iso 9001
Iso 27001
Iso 27003
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RDP DPO
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