Un finto avvocato ha vinto 26 cause senza aver studiato giurisprudenza

Un finto avvocato, privo di formazione legale, dopo aver rubato l’identità ad un vero professionista, ha seguito 26 cause e le ha vinte tutte.

Il finto legale, alla fine, è stato arrestato, anche se questo caso ha suscitato un grandissimo scalpore. Si pensi che qualcuno, visto questo talento innato, si dice disposto a sostenere le spese per la sua istruzione, per potersi conquistare un titolo per l’esercizio della professione.

L’uomo esercitava la professione legale in Kenya, dopo aver rubato l’identità di un vero avvocato, Brian Mwenda Ntwiga. Il truffatore, nonostante l’assenza di formazione legale, ha vinto tutte le 26 cause.

Il finto Mwenda Ntwiga si sarebbe introdotto nel portale dell’Ordine degli avvocati del Kenya, la Law Society of Kenya, manomettendo i dettagli dell’account di un uomo che aveva il suo stesso identico nome, caricando la propria foto e dichiarando di possedere una formazione giuridica.

Il vero avvocato avrebbe subito contattato la Law Society of Kenya, visto che non riusciva più ad accedere al suo account, che presentava dei dati differenti. Afferma l’LSK in una nota: Il 5 agosto 2022, Brian Mwenda Ntwiga è stato ammesso all’Ordine degli avvocati e il suo indirizzo e-mail corretto è stato catturato e un account è stato aperto per lui nel portale Advocates».

Il vero Brian Mwenda Ntwiga dichiara che «solo fino a settembre 2023, quando ha tentato di accedere al sistema e attivare il suo profilo con l’intenzione di richiedere il certificato di praticante, si è reso conto che non poteva accedere al suo portale LSK».

Il suo caso ha suscitato molta indignazione ma altrettanta ammirazione per un talento innato. Per l’Organizzazione centrale dei sindacati del Kenya, il truffatore è «una giovane mente brillante, che ce l’ha fatta senza qualifiche tradizionali».


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Parcelle Avvocati: linee guida del CNF

L’avvocato, nella redazione delle parcelle per i clienti, deve evitare di incorrere in violazioni di tipo deontologico. Per potersi orientare ci si deve affidare sia alle norme codicistiche sia al Codice deontologico forense.

I compensi variano al rialzo o al ribasso, a seconda del valore, della complessità e dell’esito dell’affare. Tuttavia, ribadisce il CNF con la sentenza n. 206/2022, il cliente non può essere vincolato a corrispondere al difensore una percentuale sul bene controverso oppure sul denaro liquidato come risarcimento danno.

Questi patti sono stati vietati espressamente anche in fase stragiudiziale, considerando anche l’importanza sociale e costituzionale del ruolo difensivo, che deve muoversi con correttezza, lealtà, decoro, diligenza e competenza.

Per questo, basare tutto sul risultato materiale della causa potrebbe portare alla sospensione dell’esercizio della professione. Inoltre, potrà configurarsi l’ipotesi di una truffa contrattuale nella forma di infedele patrocinio se l’avvocato approfitta delle scarse conoscenze tecniche del suo assistito per fargli firmare delle azioni giudiziarie che gli sono favorevoli (Cassazione 25766/2023).

La sottoscrizione di patti illeciti non influirà sulla validità del contratto di patrocinio, e dunque sul diritto del legale alla ricezione dell’onorario che gli spetta per tariffa (Cassazione 7180/2023).

È possibile richiedere degli anticipi per le spese sostenute e per quelle da sostenere, così come acconti sul compenso, tuttavia, non è lecito chiedere somme che non consone al lavoro svolto e a quello da svolgere. La pena è la sanzione della censura, non essendo valido il consenso del cliente così come la rinuncia all’esposto contro una parcella eccessiva.

Il codice deontologico vieta anche la richiesta, nel caso di mancato pagamento da parte del cliente, di importi più alti rispetto a quelli che sono già stati indicati, se non con specifica riserva pregressa (Cnf 36/23). Tale riserva deve essere chiara, non valgono dunque espressioni troppo generiche che si riferiscono ad un «aggravio di ulteriori costi».

Rilevante a livello disciplinare e lecito a livello civilistico è l’accordo sulla parcella, che riconosce all’avvocato il diritto di ottenere dal cliente tutto il corrispettivo, anche se avviene una revoca medio tempore dell’incarico.

La previsione violerebbe l’adeguatezza del compenso rispetto a quanto svolto, così come la correttezza dei confronti del cliente (Cnf, 153/2020). La pattuizione sul compenso, che di solito è contestuale al conferimento dell’incarico, dovrà essere messa per iscritto, pena nullità, come stabilito dall’art. 2233 del Codice Civile.

Anche nel caso di un palmario, ci saranno obblighi di tipo fiscale e di fatturazione.


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A quanto ammonta lo stipendio medio di un avvocato italiano?

La professione dell’avvocato è da sempre considerata come una delle professioni più redditizie in assoluto. Inoltre, il mestiere dell’avvocato attrae per il fascino della toga e per l’atmosfera presente nelle aule dei tribunali.

Prima di buttarsi a capofitto nella carriera da avvocato e per potersi orientare nel mercato del lavoro è bene conoscere qual è il potenziale compenso medio.

N26 ha realizzato lo studio Education Price Index, raccogliendo i dati da BLS, OCSE, e OIL, con lo scopo di individuare i fattori che influiscono nelle decisioni finanziarie nella pianificazione del futuro dei giovani. Dallo studio emerge che in Italia, lo stipendio medio di un avvocato ammonta circa a 47.000 euro.

L’Italia, rispetto ad altri 50 Paesi di tutto il mondo, si colloca al 29esimo posto nella classifica, seguita dalla Spagna, che registra un salario di 46.000 euro lordi annui. I colleghi francesi si trovano al 26esimo posto, con 57.000 euro, mentre al 21esimo posto, con 70.000 euro troviamo i tedeschi.

All’11esimo posto troviamo il Belgio, con 89.000 euro, mentre l’Austria si colloca al 18esimo posto con uno stipendio medio di 79.000 euro. Il paese Ue che paga di più gli avvocati è la Danimarca: qui, i professionisti percepiscono il doppio rispetto agli avvocati italiani, ovvero 97.500 euro lordi annui.

Al primo posto della classifica troviamo la Svizzera: gli avvocati percepiscono 158.000 euro di stipendio lordo annuo. In coda alla graduatoria di N26 si trovano India, Russia e Ucraina.


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Corte di Cassazione: indennità vacanza contrattuale ripartita tra più datori

L’indennità per la vacanza contrattuale non può ricadere solo sull’ultimo datore di lavoro, quello che impiega il dipendente quando avviene il rinnovo. L’importo dovrà essere riassegnato alle diverse aziende in cui il dipendente ha lavorato durante i mesi di “vacanza”.

Lo chiarisce la Corte di Cassazione con sentenza n. 28186, accogliendo il ricorso di un’azienda che lavorava per Trenitalia. La Corte d’Appello di Reggio Calabria, invece, aveva respinto il ricorso della società in questione, confermando la condanna al pagamento di 305,39 euro per la copertura della vacanza contrattuale della durata di 44 mesi.

Tuttavia per la ricorrente, a suo carico doveva esserci solo il «periodo di prestazione del lavoratore alle proprie dipendenze».

Nel dare ragione all’azienda, la Sezione Lavoro ricorda come l’indennità una tantum abbia la funzione di «assicurare un parziale recupero del potere di acquisto del dipendente rispetto all’aumento del costo della vita con riferimento al periodo di mancato rinnovo del contratto collettivo e il suo addossamento a carico del datore si giustifica con i possibili vantaggi economici che questi ne trae».

«Non appare», prosegue, «giustificato porre a carico del soggetto, con il quale il rapporto intercorreva al momento del rinnovo, l’intero importo anche per i periodo di attività prestata presso precedenti datori di lavoro, verso i quali alcun obbligo era stabilito dalla previsione collettiva».

Una conferma indiretta della correttezza di tale soluzione «è costituita dall’esigenza di riproporzionamento, espressamente avvertita dalle parti collettive laddove le stesse hanno stabilito che gli importi in questione dovessero essere corrisposti “in proporzione ai mesi di servizio prestati nel periodo di riferimento”».

Per concludere, «l’indennità in oggetto, in quanto strutturalmente correlata all’effettuazione della prestazione lavorativa, può essere oggetto di pretesa soltanto nei termini descritti, in assenza di diversa previsione negoziale ad hoc che ponga l’obbligazione integralmente in capo a chi risulti datore di lavoro al momento della stipula del contratto collettivo».


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esame avvocato 2023

Domande esame avvocato 2023: tempo fino all’11 novembre

Dal 3 ottobre all’11 novembre 2023 è possibile inviare le domande di partecipazione agli esami di abilitazione per l’esercizio della professione forense, che potranno essere presentate soltanto per via telematica.

La sessione del 2023 è stata indetta con il decreto ministeriale del 1° agosto 2023, pubblicato in GU, n.59 del 4 agosto 2023. Tutti i candidati che non hanno ancora completato la pratica professionale ma hanno intenzione di completarla entro il 10 novembre 2023 dovranno dichiararlo nella domanda.

La registrazione e l’autenticazione dei candidati dovrà avvenire soltanto sulla piattaforma informatica del Ministero della Giustizia, con l’utilizzo esclusivo di SPID, CIE o CNS. I candidati dovranno inoltre procedere con il pagamento di tutti gli oneri di partecipazione con la piattaforma PagoPA.

Nell’esame di Stato sono presenti una prova scritta e una prova orale.

La prova scritta si svolgerà dalle ore 9.00 del 12 dicembre 2023 nelle sedi delle Corti di Appello di Ancona, Bari, Bologna, Bolzano, Brescia, Cagliari, Caltanissetta, Campobasso, Catania, Catanzaro, Firenze, Genova, L’Aquila, Lecce, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Perugia, Potenza, Reggio Calabria, Roma, Salerno, Torino, Trento, Trieste, Venezia.

Oggetto della prova scritta è la redazione di un atto giudiziario, basandosi su conoscenze di diritto sostanziale e processuale, su un quesito proposto in una materia scelta dal candidato tra diritto penale, amministrativo e civile. Per poter svolgere il tema ogni candidato ha a disposizione sette ore.

Leggi anche: Consigli per superare l’esame da avvocato

La prova orale, invece, si svolge a non meno di 30 giorni di distanza dal deposito dell’elenco degli ammessi e si articola in tre fasi. Nella prima fase si esamina e si discute riguardo una questione pratico-applicativa, nella seconda fase si discute su questioni che dimostrano quali sono le capacità argomentative e di analisi giuridica e la terza fase è relativa alla dimostrazione della conoscenza dell’ordinamento forense, così come dei diritti e dei doveri dall’avvocato.

Per accedere alla procedura, cliccare sopra questo link.


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bando cassa forense corsi formazione professionale

Cassa Forense: bando per la frequenza di corsi di alta formazione professionale

Cassa Forense, nelle iniziative dedicate al sostegno della professione, ha deciso di stanziare 1.500.000,00 euro per un bando per frequentare corsi di alta formazione professionale, in merito all’esercizio dell’attività forense.

Al bando possono partecipare Avvocati e Praticanti che al 27 luglio 2023 risultino regolarmente iscritti a Cassa Forense, oppure con procedimento d’iscrizione in corso, che non siano né sospesi o cancellati. Esclusi, invece, i titolari di pensione di vecchiaia.

Il contributo erogato sarà pari ad un massimo di 5.000,00 euro, ovvero il 50% della spesa, per frequentare un master/corso/scuola di specializzazione o di perfezionamento che duri almeno 30 ore, che deve concludersi entro il 2023.

I partecipanti dovranno essere in regola con tutte le comunicazioni reddituali a Cassa Forense nel loro periodo d’iscrizione. La domanda dovrà essere inviata entro il giorno 18 gennaio 2024, attraverso la procedura online presente su www.cassaforense.it.

I contributi verranno erogati sino ad esaurimento dello stanziamento attraverso una graduatoria inversamente proporzionale per quanto riguarda l’ammontare del reddito netto professionale.


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settore legale sostenibile

Settore legale sempre più sostenibile: aumentano le opportunità per avvocati con competenze green

Nel corso degli ultimi anni, il settore legale nell’ambito dell’energia ha subìto alcuni importanti cambiamenti. Si è assistito all’emergere di nuove figure professionali, nelle aziende e negli studi legali.

Si tratta di sviluppi alimentati da una crescente complessità normativa e da dinamiche in continua evoluzione nel mercato energetico.

Spiega Aurora Santese, manager divisione Finance & Legal di Hunters: «Il settore legale nell’ambito dell’energia è stato influenzato da una serie di fattori, tra cui la transizione verso fonti energetiche più pulite e sostenibili, la liberalizzazione dei mercati energetici e l’aumento delle normative ambientali».

Tali cambiamenti hanno reso necessaria la presenza di avvocati specializzati in risorse ed energie naturali, in grado di affrontare specifiche sfide legali e regolamentari in questo settore che evolve continuamente.

Studi legali e aziende energetiche si sono dovute adattare a questa nuova realtà, andando a fornire delle consulenze altamente specializzate, al fine di navigare tra complesse norme ambientali, contrattualistica energetica, procedure di autorizzazione e questioni di proprietà intellettuale.

Come spesso accade, si tratta di un trend che ha avuto impatti molto positivi anche sulle opportunità lavorative che sembrano essere cresciute del 30% nel corso dell’ultimo anno.

Quali sono le nuove figure professionali in azienda?

Avvocato specializzato in risorse naturali Si tratta di una figura responsabile di fornire consulenza legale e assistenza per quanto riguarda le questioni relative all’energia, alle fonti rinnovabili, alle autorizzazioni, all’efficienza energetica e alle normative ambientali.

L’avvocato che si specializza in energia lavora con le unità aziendali, fornendo il supporto legale richiesto al fine di elaborare contratti, conformità normativa e gestione dei rischi.

Consulente legale per l’energia – Il consulente legale per l’energia si occupa di fornire consulenza strategica alle aziende per quanto riguarda le politiche energetiche, modelli di business, la pianificazione aziendale, fusioni e acquisizioni nel settore energetico, gestione delle controversie e risoluzione dei conflitti.

Esperto in diritto delle energie rinnovabili – Visto l’aumento dell’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili, la figura dell’esperto in diritto delle rinnovabili è divenuta essenziale.

Tale professionista si occupa di specifiche questioni legali, che si ricollegano alle rinnovabili, come, per esempio, la negoziazione dei contratti di fornitura, la gestione dei finanziamenti o l’accesso alla rete.

Quali sono le nuove figure professionali negli Studi Legali?

Avvocato consulente in materia di energia– Gli Studi Legali stanno attualmente reclutando degli avvocati esperti per quanto riguarda l’energia, al fine di fornire consulenze specializzate a varie aziende nel settore energetico, per poter gestire le questioni legali, la negoziazione dei contratti o la conformità normativa.

Avvocato litigante nel settore dell’energia–  Visto l’aumento delle controversie di tipo legale nel settore energetico, gli studi stanno attualmente sviluppando una pratica dedicata alla gestione dei contenziosi e delle dispute per quanto riguarda l’ambito energetico.

L’avvocato litigante specializzato in energia si occupa di rappresentare i propri clienti in tribunale per negoziare accordi transattivi.

Esperto in diritto dell’energia sostenibile –  Gli Studi Legali, vista la crescente attenzione nei confronti dell’energia sostenibile e l’aumento del bisogno di promuovere una transizione verso fonti energetiche più green, cominciano a sviluppare competenze specifiche nel campo dell’energia sostenibile.

Ci troviamo, dunque, di fronte a professionisti che forniscono la loro consulenza legale su questioni quali politiche energetiche, incentivi governativi, finanziamenti sostenibili o legislazione ambientale.

Entrare a far parte del mondo dell’energia rinnovabile è sempre stata una priorità per Servicematica, ed ora possiamo dire che questo sogno è diventato realtà! Abbiamo installato i pannelli solari, quindi ora produciamo energia pulita, senza emissioni di CO2.


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concorso avvocatura stato 8 posti

Concorso per la selezione di 8 avvocati dello Stato

È stata indetta la selezione pubblica per l’esame teorico e pratico per la selezione di 8 avvocati dello Stato. La scadenza delle domande è stata fissata per il 19 agosto 2023, come riportato sulla Gazzetta Ufficiale n.46 del 26/06/2023.

Per poter essere ammessi al concorso è necessario rientrare in almeno una delle seguenti categorie:

  • Procuratori dello Stato con due anni di effettivo servizio;
  • Magistrati ordinari, nominati a seguito di un concorso;
  • Magistrati della giustizia militare, con qualifica equiparata a quella di magistrati ordinari;
  • Avvocati con anzianità di iscrizione che non sia inferiore a sei anni;
  • Dipendenti dello Stato che appartengono ai ruoli delle ex carriere direttive che abbiano almeno cinque anni di servizio, con superamento dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione;
  • Assistenti universitari di materie giuridiche, che hanno superato l’esame di abilitazione;
  • Dipendenti di ruolo di enti locali, regioni, enti pubblici con almeno cinque anni di servizio effettivo nella professione legale o nella carriera direttiva, che abbiano superato l’esame di abilitazione.

Per inviare la richiesta di partecipazione è necessario che il candidato sia in possesso di un indirizzo PEC. L’invio della domanda, dunque, dovrà avvenire esclusivamente in modalità telematica, accedendo al portale dell’Avvocatura dello Stato, presente sul sito istituzionale, seguendo la procedura indicata. Si può accedere anche con SPID, CIE o CNS.

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Per selezionare i candidati ci saranno 4 prove scritte e 2 prove orali, che si svolgeranno in due giorni differenti.

Le prove scritte prevedranno:

  • La stesura di un atto difensivo di diritto e di procedura civile;
  • Lo svolgimento di un tema teorico di diritto civile, con riferimento al diritto romano;
  • La stesura di un atto difensivo o lo svolgimento di un tema teorico in diritto tributario o amministrativo;
  • La stesura di un atto difensivo o lo svolgimento di un tema teorico in diritto e procedura penale;

Per quanto riguarda le prove orali, invece, i candidati dovranno superare un esame e sostenere una difesa. L’esame verterà intorno alle seguenti materie:

  • diritto civile;
  • procedura civile;
  • diritto del lavoro;
  • legislazione sociale;
  • diritto regionale;
  • diritto dell’Unione europea;
  • diritto penale;
  • procedura penale;
  • diritto costituzionale;
  • diritto amministrativo;
  • diritto tributario;
  • contabilità di Stato;
  • diritto ecclesiastico;
  • diritto internazionale pubblico e privato;
  • diritto romano.

La difesa orale che si dovrà affrontare, invece, sarà relativa ad una contestazione giudiziale, con un tema assegnato al candidato in anticipo rispetto alla prova.

Dopo il superamento della prova, per i candidati sarà predisposta una graduatoria: i vincitori, basandosi sulla graduatoria, saranno nominati avvocati dello Stato con stipendio di Classe I.

Cliccate qui sopra per leggere il bando del concorso.


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Certificazione UNI 11871

Da oggi si può ottenere la certificazione UNI 11871

Avvocati, commercialisti e contabili a partire da oggi, 27 giugno 2023, potranno ottenere la certificazione UNI 11871, certificazione di conformità per una moderna e corretta gestione degli Studi Professionali.

Con la Prassi di Riferimento UNI/PdR 146 presentata da ASLA, l’Associazione Italiana degli Studi Legali Associati, si definiscono i criteri e il regolamento secondo cui gli organismi di certificazione verificheranno se gli Studi rispondono positivamente ai criteri organizzativi, come la gestione dei rischi, la definizione di ruoli interni, la sostenibilità, la programmazione degli obiettivi, l’inclusione lavorativa e la tutela della diversità, tutti previsti dalla norma UNI.

A livello europeo, l’Italia è il primo Paese a dotarsi della Norma. Sottolinea il Presidente di ASLA, Giovanni Lega: «Occorre un’interpretazione di quello che è il mondo degli Studi Legali in Italia. Perché quando parliamo di creazione e protezione del valore, va compreso quello della sostenibilità, cioè della capacità della realtà che si andrà a certificare di sostenersi nel tempo. Per creare valore e proteggerlo bisogna cercare di avere delle strutture che alla base siano duratura, quindi ben organizzate».

Gli Studi che risulteranno conformi potranno esibire il marchio UNI-ASLA 11871, che testimonierà il loro impiego nell’ottimizzazione dei processi organizzativi. Tutto questo è possibile grazie a due bandi di finanziamento, per una somma totale complessiva di 1.5 milioni di euro, proposti da Cassa Forense, che verranno deliberati entro il prossimo luglio.

I bandi, destinati ad avvocati che esercitano la professione individualmente e agli studi legali associati, prevedono un contributo che andrà a coprire il 50% della spesa complessiva, sino ad un massimo di 5.000 euro.

Dichiara Valter Militi, il presidente della Cassa Nazionale Forense: «Con questo bando vogliamo aiutare e sostenere chi desidera approcciarsi alla professione in modo più strutturato e organizzato anche nel caso di singoli professionisti. Crediamo che questa Norma consentirà di fare un deciso passo in avanti nell’affermazione di quello che consideriamo un valore: il modello organizzativo, la struttura, la forma di uno Studio e le sue regole».

Si tratta di una norma pensata per far crescere gli Studi Professionali. Con i bandi di finanziamento, anche gli studi di più piccoli potranno dimostrare il loro valore, posizionandosi anche in maniera più competitiva sul mercato.

Inoltre, con la certificazione, gli studi diventeranno perfetti candidati per i luoghi di lavoro più attrattivi per i giovani talenti, che hanno bisogno sempre di più di un progetto e di una visione a cui aderire.

Gli studi che riusciranno ad ottenere la certificazione, per esempio, si impegnano nel promuovere le pari opportunità e l’inclusività dei loro professionisti, assicurandosi dei percorsi di formazione dedicati e una crescita interna, risaltando le individualità di tutti.

Anche la tutela della genitorialità rientra tra i vari principi valorizzati da questa norma. Oltre a tutto ciò, la certificazione di conformità risulterà utile per accedere ad incarichi professionali nell’ambito degli appalti, dei bandi di gara.

Al fine di facilitare l’applicazione della Norma UNI 11871, UNI ha organizzato il percorso formativo La nuova Norma UNI 11871 sugli studi professionali di avvocati e dottori commercialisti. Principi, attuazione e audit, che si terrà nei giorni 13, 20 e 27 settembre.

Per maggiori informazioni, potete cliccare sopra questo link.


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Avvocati in fuga: quasi 3mila cancellazioni da gennaio

La professione dell’avvocato è in retromarcia: complice il reclutamento di professionisti nel mondo della PA, che avviene all’interno del quadro del Pnrr.

Nel primo trimestre del 2023, infatti, ci sono stati 2.336 provvedimenti di cancellazione da Cassa Forense, al quale dobbiamo aggiungerne 293 deliberati di recente. Gli associati sono scesi a 237.000: nel 2022 erano 240.000.

Bisognerà attendere la fine dell’anno per avere un quadro ben preciso per quanto riguarda l’andamento della platea, tenendo anche conto delle nuove iscrizioni legali, che potrebbero anche far risalire il numero complessivo.

Tuttavia, il fenomeno dell’abbandono dell’attività porta a riflettere anche sulle occasioni che derivano dall’implementazione di altri percorsi di lavoro, visto che «l’ambito di espansione risiede prevalentemente nell’area stragiudiziale e nella consulenza alla clientela», commenta Valter Militi, il presidente di Cassa Forense.

«Presumiamo che il dato degli abbandoni sia principalmente legato alle opportunità d’impiego nell’ambito pubblico», anche se le cifre trimestrali riguardo le uscite «non possono farci parlare di un cattivo stato di salute della categoria», continua Militi.

Nel dossier realizzato da Cassa Forense, in collaborazione con il Censis, leggiamo che al 31 dicembre 2022 la platea era composta da 240.019 professionisti, ovvero 4,1 per 1000 abitanti, con 8.257 nuove iscrizioni e con 8.698 cancellazioni.

Davanti ai dati del 2023, Francesco Greco, il numero uno del CNF, individua ben «due fattori all’origine di questa discesa: da un lato c’è l’insoddisfazione che, in questo momento, domina gli avvocati, e dall’altro, l’indizione dei concorsi per accedere ai ranghi della Pubblica Amministrazione. Quello che ci preoccupa, e su cui vogliamo intervenire, è il primo».

Prosegue Greco: «Le specializzazioni devono diventare un valore aggiunto per la professione, ma occorre rivedere quelle esistenti, permettendo, ad esempio, ai colleghi di dedicarsi compiutamente alla consulenza alle imprese, colmando la limitate esperienza in materia contabile».

L’impegno che si assume Greco è «far sì che il ceto forense riacquisti fiducia nel futuro. Gli avvocati rappresentano il seme della democrazia. E, se non ci sono, vuol dire che i diritti non vengono tutelati».

Francesco Paolo Perchinunno, invece, guida dell’Aiga, l’associazione italiana giovani avvocati, ritiene che l’ideale sarebbe la compensazione delle defezioni con delle «nuove iscrizioni, e soprattutto, con l’aumento della capacità reddituale dei legali, inseriti in ulteriori spazi di mercato».

Tale obiettivo si può ottenere con «la riconversione delle competenze, sui cui auspichiamo la nostra Cassa di previdenza investa di più per meglio intercettare le esigenze del mercato».

Sia Militi che Greco concordano sulle aggregazioni professionali: tuttavia, la tassazione funge da disincentivo. Per Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni, dovrebbero essere sottoposte ad una «fiscalità di vantaggio, così come previsto per le start-up».


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Servicematica

Nel corso degli anni SM - Servicematica ha ottenuto le certificazioni ISO 9001:2015 e ISO 27001:2013.
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