Il licenziamento via PEC all’avvocato del lavoratore è legittimo

È legittimo il licenziamento comunicato via PEC all’indirizzo di posta elettronica certificata dell’avvocato del lavoratore, se quest’ultimo ha indicato tale recapito per la ricezione delle comunicazioni ufficiali. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione civile, con la sentenza n. 7480 del 20 marzo 2025, in un caso in cui il datore di lavoro aveva trasmesso l’atto di licenziamento all’indirizzo PEC del legale presso il cui studio il dipendente aveva eletto domicilio nell’ambito di un procedimento disciplinare.

La Suprema Corte ha chiarito che, attraverso l’elezione di domicilio, il lavoratore individua la PEC del proprio avvocato come sede idonea a ricevere gli atti, ritenendola indirettamente nella propria disponibilità, grazie al rapporto fiduciario con il legale. Inoltre, la normativa professionale attribuisce alla PEC dell’avvocato valore di domicilio digitale privilegiato, accessibile ai terzi tramite l’indice nazionale degli indirizzi PEC.

Il caso ha avuto origine da una contestazione disciplinare, seguita da un licenziamento notificato inizialmente via PEC al difensore, poi con raccomandata presso lo studio del medesimo e infine all’indirizzo di residenza del lavoratore. Quest’ultimo aveva impugnato il provvedimento, eccependo la nullità per difetto di comunicazione. Tuttavia, il ricorso era stato respinto sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello di Bologna.

In Cassazione, il dipendente aveva contestato due punti: l’omessa motivazione sulla nullità del licenziamento e la presunta illegittimità della notifica via PEC all’avvocato, sostenendo che all’epoca dei fatti tale modalità non fosse prevista dalla normativa. La Cassazione ha respinto il ricorso, rilevando che il lavoratore aveva eletto domicilio presso lo studio del legale e che, già allora, la legge riconosceva la PEC dell’avvocato quale domicilio digitale privilegiato.


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Agenzia delle Entrate, maxi concorso entro l’estate: oltre 4.500 assunzioni in arrivo

Entro l’estate 2025 l’Agenzia delle Entrate pubblicherà i nuovi bandi di concorso per il reclutamento di oltre 4.500 funzionari. Un maxi piano di assunzioni che punta a rafforzare l’organico dell’amministrazione finanziaria, in linea con il Piano Triennale 2025-2027.

Il concorso prevede una prova unica a quiz, della durata di 60-70 minuti, su materie giuridico-tributarie, civili e amministrative. Per i candidati alle posizioni di esperti di cooperative compliance, è prevista anche una sezione in lingua inglese, fondamentale per gestire le relazioni con imprese e consulenti in ambito internazionale.

I profili ricercati includono:

  • 3.954 funzionari tributari
  • 1.350 esperti per cooperative compliance
  • 260 professionisti tecnici per il catasto

Il bando sarà pubblicato sul sito dell’Agenzia delle Entrate e sul Portale InPA, con le domande da presentare esclusivamente online.

Le prove si svolgeranno in modalità semplificata, sul modello del concorso del novembre 2023, con test a risposta multipla e gestione informatizzata della selezione. Il calendario delle prove sarà reso noto il 23 giugno 2025.

Per alcune categorie di personale, come gli esperti di cooperative compliance, sono previste sedi dedicate e possibilità di smart working, in linea con il nuovo contratto collettivo della pubblica amministrazione. Il trattamento economico partirà da una base di circa 1.800 euro netti mensili.

Con questo nuovo piano di reclutamento, l’Agenzia intende recuperare i posti rimasti scoperti dal precedente concorso e affrontare la forte necessità di personale specializzato, soprattutto nelle grandi città come Roma e Torino, dove sono in corso le selezioni di nuove sedi operative.

Il concorso rappresenta un’importante occasione per diplomati e laureati interessati a intraprendere una carriera nella pubblica amministrazione, in un momento in cui il ricambio generazionale e il rafforzamento dell’organico sono tra le priorità del fisco italiano.


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Apple e Meta multate dall’Unione Europea per violazioni al Digital Markets Act

Bruxelles ha colpito duro contro due dei principali colossi digitali mondiali. La Commissione europea ha inflitto una multa da 500 milioni di euro ad Apple e una da 200 milioni a Meta per violazioni del Digital Markets Act (DMA), la normativa che mira a garantire maggiore concorrenza e tutela dei consumatori nel mercato digitale europeo.

Secondo l’Ue, Apple avrebbe infranto l’obbligo di non orientamento previsto dal DMA, limitando la possibilità per gli sviluppatori di app di informare i clienti sulle offerte alternative disponibili fuori dall’App Store. Le restrizioni imposte dalla multinazionale di Cupertino, infatti, avrebbero impedito agli utenti di accedere facilmente a offerte più vantaggiose, ostacolando la concorrenza e consolidando il controllo di Apple sul proprio ecosistema.

Parallelamente, Meta è finita nel mirino della Commissione per il suo modello pubblicitario “Consenso o pagamento” introdotto su Facebook e Instagram, che obbligava gli utenti europei a scegliere tra acconsentire alla combinazione dei propri dati personali per ricevere pubblicità personalizzata oppure pagare un abbonamento per evitare gli annunci. Secondo Bruxelles, questa modalità non offriva agli utenti una reale alternativa meno invasiva dal punto di vista della raccolta dati, come richiesto dal DMA.

Le sanzioni arrivano al termine di un dialogo serrato tra la Commissione e le due società, che hanno avuto l’opportunità di difendersi e presentare le proprie ragioni. Mentre Apple è stata obbligata a eliminare le restrizioni e adeguarsi alle regole entro 60 giorni, Meta ha avviato modifiche al proprio modello pubblicitario, ma resta sotto osservazione per verificarne l’effettiva conformità.

A margine delle decisioni, la Commissione ha anche accettato di rimuovere Facebook Marketplace dall’elenco dei servizi di intermediazione online regolati dal DMA, dopo aver accertato che nel 2024 la piattaforma non raggiungeva più la soglia dei 10.000 utenti commerciali attivi.

In risposta alla sanzione, Joel Kaplan, chief global affairs officer di Meta, ha criticato la decisione, accusando Bruxelles di penalizzare le aziende americane a favore di competitor europei e cinesi e di ostacolare il modello di business fondato sulla pubblicità personalizzata.

Le multe comminate a Apple e Meta — prime in assoluto sotto il nuovo regime del Digital Markets Act — segnano un punto di svolta nella politica digitale europea, confermando l’intenzione di Bruxelles di far rispettare con rigore le nuove regole per i gatekeeper del web.

Un alto funzionario Ue ha infine precisato che queste decisioni non hanno nulla a che vedere con eventuali cambiamenti politici oltreoceano: «Da parte nostra c’è solo la volontà di applicare le leggi», ha dichiarato.


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Registrazione atti privati, online la nuova guida dell’Agenzia delle Entrate per il servizio “Rap Web”

Roma — Novità per i contribuenti e i professionisti che devono registrare atti privati: l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la versione aggiornata della guida al servizio “Rap Web”, la procedura telematica che consente di registrare online alcune tipologie di atti senza doversi recare fisicamente negli uffici.

Attraverso la piattaforma è possibile gestire direttamente la registrazione di contratti preliminari di compravendita, contratti di comodato e verbali di distribuzione utili delle società. Il sistema permette di inserire le informazioni richieste, calcolare automaticamente le imposte di registro e di bollo e versarle contestualmente tramite addebito su conto corrente.

Il Modello di Registrazione Atti Privati (RAP), disponibile nella propria area riservata del sito dell’Agenzia, può essere inviato dal contribuente, da un mediatore o da un intermediario abilitato. Alla richiesta devono essere allegati l’atto, i relativi allegati e le copie dei documenti di identità in corso di validità delle parti coinvolte, il tutto in un unico file nei formati TIF, TIFF o PDF/A (nelle versioni PDF/A-1a o PDF/A-1b).

Una procedura semplice e veloce, che consente di evitare code e tempi di attesa agli sportelli, offrendo un’alternativa sicura e trasparente per i cittadini e i professionisti del settore immobiliare e societario.

La guida aggiornata e il servizio “Rap Web” sono accessibili direttamente dal portale dell’Agenzia delle Entrate. Per ulteriori dettagli è possibile consultare la sezione dedicata sul sito istituzionale.


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Diritto all’oblio, arriva una proposta di legge per proteggere la reputazione online dopo proscioglimenti e archiviazioni

Roma — Una legge per tutelare il diritto alla buona fama e alla riservatezza nella rete internet nei casi di proscioglimento o archiviazione dei procedimenti penali: è la proposta annunciata nei giorni scorsi dalla deputata leghista Simonetta Matone, ex magistrato e attuale componente della Commissione Giustizia della Camera. Il testo, ancora non disponibile, prevede anche l’obbligo di pubblicazione delle sentenze di proscioglimento, per ristabilire l’onore di chi è stato coinvolto in vicende giudiziarie poi concluse senza condanna.

Il tema è tutt’altro che nuovo nel panorama giuridico italiano. La recente riforma Cartabia del processo penale ha già introdotto, con l’articolo 64-ter delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, il diritto per gli assolti o per coloro a cui è stata archiviata l’indagine di chiedere la deindicizzazione dei propri dati dai motori di ricerca. Una misura però, che — come segnalano numerosi esperti — non cancella la notizia dalla rete, limitandosi a renderla meno visibile se associata al nome dell’interessato.

In pratica, è sufficiente una ricerca alternativa, magari collegata al nome di un coimputato o di un magistrato, per far riemergere la notizia deindicizzata. La situazione è ulteriormente complicata dalla crescente capacità dei sistemi di intelligenza artificiale, in grado di collegare dati e informazioni al di là dei filtri applicati.

Il dibattito resta quindi aperto tra diritto alla riservatezza e diritto all’informazione. Sul punto era intervenuto anche il deputato forzista Enrico Costa, sottolineando l’impossibilità di cancellare davvero una notizia relativa a un personaggio pubblico. La posizione dei colossi del web, come Google, è chiara: una notizia può essere deindicizzata solo se aggiornata con i successivi sviluppi giudiziari, e comunque va valutato l’interesse pubblico alla reperibilità delle informazioni, soprattutto quando riguardano figure di rilievo.

A stabilirlo sono anche le indicazioni della Corte di Giustizia UE e del Comitato europeo per la protezione dei dati, che riconoscono una prevalenza dell’interesse generale alla conoscenza delle vicende giudiziarie di politici, alti funzionari, imprenditori e professionisti.

In questo scenario si inserisce il nuovo Codice deontologico dei giornalisti italiani, approvato lo scorso anno e in vigore dal prossimo giugno. Per la prima volta viene normato il diritto all’oblio, precisando che il giornalista deve rispettare l’identità personale ed evitare riferimenti inutili al passato, aggiornando le notizie e valutando le richieste di deindicizzazione.

Ma, come denunciano molti osservatori, si è ancora lontani da una reale tutela. La proposta Matone punta a colmare questo vuoto, tentando di risolvere una questione che ciclicamente si ripresenta, tra esigenze di giustizia mediatica e il rischio di una rete che conserva tutto, per sempre.


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Ministero della Giustizia, cambia la PEC per le notifiche degli atti giudiziari

Roma — Cambia l’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) al quale dovranno essere inviate le notifiche di atti giudiziari destinati al Ministero della Giustizia. A renderlo noto è stato lo stesso dicastero di Via Arenula, con un avviso ufficiale pubblicato sul portale istituzionale giustizia.it.

A partire dal 14 aprile 2025, tutte le notifiche dovranno essere indirizzate esclusivamente al nuovo indirizzo notificheattigiudiziari.mingiustizia@giustiziacert.it. La disposizione è stata comunicata anche tramite il sistema Reginde-Sezione PP.AA., come previsto dalla Legge 179/2012.

Si tratta di un aggiornamento importante per gli operatori del settore legale, poiché — come stabilito dalla normativa vigente — le notificazioni effettuate ai sensi della Legge 53/1994 inviate a indirizzi PEC diversi da quello indicato saranno considerate nulle.

Restano invece invariati gli indirizzi per le notifiche relative al contenzioso di competenza del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (DAP), che continueranno ad essere inviate ai recapiti già in uso, specifici per le pratiche riguardanti personale civile, militare e popolazione detenuta.

Il Ministero ha inoltre aggiornato, sempre al 14 aprile 2025, l’elenco completo degli indirizzi PEC relativi ai propri uffici centrali e territoriali. L’elenco completo comprende i recapiti dei dipartimenti per gli Affari di giustizia, per l’Organizzazione giudiziaria, per l’Innovazione tecnologica, per la Giustizia minorile e di comunità, oltre a quelli del DAP e dell’Ufficio centrale archivi notarili.

Un’apposita pagina web raccoglie anche gli indirizzi PEC degli uffici dell’amministrazione decentrata — Tribunali, Corti d’appello, Procure, Uffici spese di giustizia e Uffici esecuzione penale esterna — comprensivi di codice univoco e codice fiscale per eventuali pratiche di fatturazione.

Una modifica tecnica ma fondamentale, che mira a garantire una gestione più ordinata e centralizzata delle notificazioni digitali, in linea con il progressivo processo di digitalizzazione della giustizia.


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Acconti Irpef, arriva il decreto correttivo: esclusi dipendenti e pensionati a basso reddito

Roma — Un intervento urgente per evitare che lavoratori dipendenti e pensionati con redditi medio-bassi si trovassero a pagare un acconto Irpef non dovuto nel 2025. È questo l’obiettivo del decreto legge “Acconti”, approvato dal Consiglio dei ministri su proposta del viceministro dell’Economia Maurizio Leo, per correggere un difetto di coordinamento tra le norme fiscali.

Il decreto interviene sulla normativa prevista dalla legge di Bilancio 2025, che ha ridisegnato gli scaglioni Irpef portandoli da quattro a tre. Tuttavia, nella formulazione precedente, il calcolo degli acconti per il prossimo anno non teneva conto di queste modifiche, con il rischio di far pagare importi maggiorati a molti contribuenti.

«Era un’anomalia che rischiava di trasformarsi in un aggravio fiscale per chi invece avrebbe dovuto beneficiare di un risparmio», ha spiegato Leo. Con la nuova norma, i lavoratori dipendenti e pensionati con redditi fino a 15.000 euro annui non dovranno versare alcun acconto Irpef per il 2025.

A beneficiare del provvedimento sarà una platea ristretta di contribuenti, circa 2,5 milioni di persone, secondo le stime del Ministero dell’Economia. Resteranno esclusi i lavoratori autonomi, la maggior parte dei quali ha già aderito alla flat tax incrementale fino a 85.000 euro di reddito.

Soddisfazione espressa dai sindacati. Giovanni Angileri, presidente del Caf Uil e coordinatore della consulta nazionale dei Caf, ha definito il decreto «una misura importante per tutelare i contribuenti più fragili», sottolineando però la necessità di «un’impostazione normativa più stabile, per evitare situazioni simili in futuro».

Il decreto arriva in vista delle dichiarazioni precompilate, che l’Agenzia delle Entrate renderà disponibili nelle prossime settimane, e servirà a garantire la correttezza dei calcoli nei versamenti di giugno e novembre.

Una soluzione tecnica e necessaria, ma anche un segnale politico in un momento in cui il governo punta a ridurre la pressione fiscale sui redditi medio-bassi e a semplificare il sistema tributario.


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Decreti, amministrative e referendum: le prossime settimane decisive in Parlamento

Roma — Si preannunciano settimane intense per il Parlamento. Tra decreti in scadenza, appuntamenti elettorali e iniziative referendarie, Camera e Senato stanno definendo un calendario fitto di lavori, destinato a incidere sul clima politico di questa primavera.

Al centro del dibattito il Decreto Sicurezza, che dopo il via libera al Senato attende ora il passaggio finale alla Camera, previsto entro il 27 maggio. Si tratta di un provvedimento molto discusso, soprattutto per le modifiche al codice penale e le misure sulla gestione dell’ordine pubblico.

Parallelamente, maggioranza e opposizioni si confronteranno in aula su un altro tema caldo: il Decreto Premi, dedicato a interventi a sostegno di famiglie e imprese, la cui approvazione è attesa entro la fine del mese.

Sul fronte elettorale, a maggio si tornerà alle urne per le elezioni amministrative, con oltre 400 comuni coinvolti, tra cui alcuni capoluoghi strategici. In caso di mancata elezione al primo turno, i ballottaggi si terranno a due settimane di distanza. Un test significativo per il governo e per le opposizioni in vista delle future tornate nazionali.

Ma non è tutto: si avvicina anche il voto sui referendum abrogativi, su cui il Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra hanno promesso battaglia. Si tratta di consultazioni che potrebbero incidere su temi sensibili come giustizia e ambiente.

Il Senato ha già fissato l’agenda dei lavori fino alla metà di maggio, mentre alla Camera il calendario sarà definito dopo il voto di domani su alcune mozioni e risoluzioni legate ai decreti in corso di esame.

Tra sedute plenarie e lavori delle commissioni, il Parlamento dovrà affrontare un’agenda serrata, che potrebbe incidere anche sugli equilibri politici interni alla maggioranza e nelle opposizioni.

Le prossime settimane, dunque, saranno cruciali non solo per l’approvazione di provvedimenti chiave, ma anche per misurare la tenuta politica dell’esecutivo e le strategie dei partiti in vista di un’estate che si preannuncia altrettanto densa di appuntamenti.


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A cambiare non è solo il contesto tecnologico, ma anche e soprattutto il mercato del lavoro, scosso da fenomeni come le Grandi Dimissioni e il Quiet Quitting. Eventi che hanno obbligato le aziende a rivedere radicalmente il proprio approccio alla gestione del personale, aumentando gli investimenti in welfare e personalizzazione dei benefit.

«Il benessere psico-fisico, che coinvolge anche i luoghi di lavoro, è ormai una priorità imprescindibile», spiega Maristella Di Raddo, Direttrice Full Service di Conad Nord Ovest. «Agilità, velocità di adattamento e capacità di semplificare la vita delle persone sono le attitudini chiave per chi opera nelle risorse umane».

La tecnologia, in questo scenario, diventa mezzo e non più fine. L’adozione di algoritmi di machine learning per l’analisi dei CV o la pianificazione predittiva delle carenze di personale si affianca a strumenti di welfare innovativi come i fringe benefit e l’anticipo dello stipendio per una gestione più flessibile delle spese.

Secondo Domenico Uggeri, vicepresidente di Zucchetti, «i dati devono servire per prendere decisioni più consapevoli e rapide, ma senza sostituire il valore umano. Purtroppo, molte PMI pur riconoscendo il potenziale di questi strumenti, non li hanno ancora integrati in modo strutturale».

Centrale resta il problema della fuga dei talenti e della difficoltà nel trattenere i giovani della generazione Z, più attenti a scopo, flessibilità e work-life balance. «Se non si progetteranno iniziative mirate — avverte Andrea Arrighi, Vice President HR & Organization di Lagardère Travel Retail Italia — la mancanza di persone rischierà di rallentare seriamente la crescita industriale del Paese».

A crescere, intanto, sono i servizi legati al welfare e i programmi di collaborazione con scuole e università, indicati da 7 aziende su 10 come strumento indispensabile per ampliare il bacino di reclutamento e preparare le nuove professionalità.

Sul fronte degli investimenti, il 30% delle aziende punta sull’automazione dei processi HR, mentre il benessere del personale (19%) e lo sviluppo e la formazione (16%) seguono a ruota. Le PMI, dal canto loro, investono ancora più decisamente sull’automazione (32%), segno che il cambiamento è trasversale, ma con velocità diverse.

Il risultato è un ruolo HR sempre più strategico e trasversale, chiamato a uscire dai confini aziendali per dialogare con stakeholder, istituzioni e territori. Un mestiere plurale, pronto a interpretare le nuove sfide di un mercato in continua evoluzione.


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Roma, 23 aprile 2025 – Predisposto lo schema di decreto del Ministro della Giustizia, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, che prevede le modalità di ripartizione del fondo per la promozione delle attività teatrali negli istituti penitenziari.

Il provvedimento dà attuazione alla norma contenuta nella Legge di bilancio 2025 (articolo 1, comma 612, della legge 30 dicembre 2024 n. 207), grazie allo stanziamento di 500mila euro per ciascun anno dal 2025 al 2027 finalizzato alla valorizzazione delle diverse professionalità in ambito teatrale.

Le risorse rese disponibili dalla dotazione triennale andranno a sostegno di uno dei settori considerati decisivi per il recupero sociale e il reinserimento lavorativo dei detenuti, con iniziative culturali e percorsi formativi già ampiamente avviati all’interno delle strutture carcerarie.


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